Una lingua morta che però  continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?

Alea iacta est.

Secondo Erasmo, la frase esatta, attribuita da Svetonio a Cesare è Alea iacta èsto, il ado sia tratto. Milioni di casalinghe la ripetono ogni giorno, preparando il brodo artificiale, e restando anonime. Cesare la pronunciò una volta sola, e passò alla storia. Il fiume Rubicone segnava, presso Rimini, il confine tra la Gallia Cisalpina, provincia affidata alla giurisdizione di cesare, e l’Italia. Schierato dalla parte del rivale Pompeo, il senato aveva bruscamente intimato al generale di deporre il comando e di rientrare a Roma come privato cittadino. Cesare si rese conto della gravità del momento. Varcare in armi quel fiume voleva dire la guerra civile, rinunciare all’azione equivaleva alla sua morte politica. Mentre meditava sulla decisione da prendere, gli apparve un prodigio. Un uomo bellissimo, di grande statura, sonava il flauto e, incantati dalla musica, accorrevano da ogni parte pastori, soldati e trombettieri; allora l’uomo misterioso afferrò una tromba, corse verso il fiume e lo varcò impavido, intonando il segnale di battaglia. Suggestionato da questa visione, Cesare esclamò: «Andiamo là dove ci chiamano i prodigi degli dèi e l’iniquità degli uomini. Sia tratto il dado». Cominciava con queste parole il grande gioco d’azzardo che aveva come posta Roma e doveva concludersi cinque anni dopo, con ventitré pugnalate.

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