”Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina? Arbiter elegantiae
Raffinato gaudente, Gaio Petronio Arbitro dettava a corte le leggi del buon gusto. «I suoi detti e fatti, quanto più erano dissoluti e mostravano una certa noncuranza, tanto più piacevano per la loro apparente naturalezza. Venne accolto tra i pochi intimi di Nerone, come arbitro di eleganza, e Nerone non riteneva niente divertente o voluttuoso, nello sfarzo della sua corte, eletto arbitro di eleganza, se non avesse prima ottenuto l’approvazione di Petronio». Così Tacito descrive negli Annali un Petronio che si suole identificare con l’autore di Satyricon. Oggi lo definiremmo un influencer ante litteram. Soleva trascorrere il giorno dormendo, la notte negli affari ufficiali o negli svaghi; la vita sfaccendata gli aveva dato fama, e lo si giudicava un uomo di lusso raffinato. Le sue parole e le sue azioni, quanto più erano libere da convenzioni e ostentavano una certa sprezzatura, tanto maggior simpatia acquistavano con la loro parvenza di semplicità. Comunque, come proconsole in Bitinia, e poi come console, egli seppe mostrarsi energico e all’altezza dei suoi compiti. Mosso da invidia, l’onnipotente Tigellino, prefetto del pretorio, l’accusò di aver partecipato a una congiura, imputazione che comportava la condanna capitale.
In quei giorni Nerone si era spinto in Campania, e Petronio, spintosi fino a Cuma, venne qui trattenuto. Egli non sopportò di restare oltre sospeso tra la speranza e il timore; non volle tuttavia rinunciare precipitosamente alla vita; si tagliò le vene e poi le fasciò, come il capriccio gli suggeriva, aprendosele poi nuovamente e intrattenendo gli amici su temi non certo severi o tali che potessero acquistargli fama di rigida fermezza. A sua volta li ascoltava dire non teorie sull’immortalità dell’anima o massime di filosofi, ma poesie leggere e versi d’amore. Quanto agli schiavi, ad alcuni fece distribuire doni, ad altri frustate. Andò a pranzo e si assopì, volendo che la sua morte, pur imposta, avesse l’apparenza di un fortuito trapasso. Al testamento non aggiunse, come la maggior parte dei condannati, codicilli adulatori per Nerone o Tigellino e alcun altro potente; fece invece una particolareggiata narrazione delle scandalose nefandezze del principe, citando i nomi dei suoi amanti, delle sue prostitute e la singolarità delle sue perversioni: poi, dopo averlo sigillato, lo inviò a Nerone. Spezzò quindi il sigillo, per evitare che servisse a rovinare altre persone. La morte di Petronio sembrerebbe rientrare nei casi di chi si dà la morte per il taedium vitae, disgustato dalla ricerca dei piaceri e deluso dai suoi godimenti: il ritratto, invece, che ci ha tramandato Tacito, unica fonte della sua vita, come abbiamo visto, è ben diverso da quello del classico gaudente deluso dai piaceri dell’esistenza.
Attese la fine, con la serenità d’uno stoico e l’eleganza d’un dandy.
Riccardo Alberto Quattrini