Una lingua morta  che però  continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?

Carpe Diem.

Carpe diem, quàm minimum crèdula pòstero, scrive Orazio a Leuconoe: cogli l’oggi, vivi alla giornata, e nel domani credi il meno possibile. Orazio non ha illusioni né rimpianti. Tra gli smaniosi del futuro e i nostalgici del passato, egli è un sorridente Giano bifronte che, con pacato realismo, coglie l’attimo fuggente. Non è pessimista né ottimista: è «attimista». Carpe diem è il motto di chi, sapendo che il futuro non dipende da noi, gode il presente e in particolare quel presente prezioso e irripetibile che è la giovinezza. Sull’eco di Orazio, Lorenzo il Magnifico canta:

  • Quant’è bella giovinezza
  • Che si fugge tuttavia!
  • Chi vuol esser lieto, sia:
  • di doman non c’è certezza.

TRIONFO DI BACCO E ARIANNA

E la Traviata folleggia:

  •  Libiam nei lieti calici
  • Che la bellezza infiora
  • E la fuggevol ora
  • S’inebri a voluttà.

 ATTO I, SCENA II

    Ma perché affannarsi? A chaque jour suffit sa peine, dicono i francesi, a ogni giorno basta la sua pena. Domani è un altro giorno. Chi si angoscia per il domani, si angoscia due volte. E inutilmente. Tanto l’ateo quanto il credente non  hanno ragione di farlo. Per opposti motivi. Il primo è convinto che il mondo sia guidato da forze cieche contro le quali non può nulla; il secondo trova immediato conforto abbandonandosi nelle braccia della Divina Provvidenza. Dice il Vangelo di Matteo: «Guardate gli uccelli del cielo, che non seminano né mietono né raccolgono nei granai, guardate come il Padre vostro li nutre. Non valete voi più di loro?… Osservate come crescono i gigli nei campi, che non lavorano né filano. Ora io vi dico che nemmeno Salomone, in tutta la sua maestà, era vestito come uno di essi. Se Dio riveste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani viene gettata nel fuoco, quanto più penserà a voi, gente di poca fede… non v’inquietate dunque per il domani, perché il domani avrà la sua inquietudine» (VI,26).

Equivalente proverbio italiano: non fasciarsi la testa prima di rompersela. È tempo sprecato ansia inutile domandarsi se l’avvenire sarà buono o cattivo: esso non ha alcun ritegno a smentire, nel bene e nel male, le nostre previsioni. Si racconta la parabola del contadino cinese cui era fuggita l’unica cavalla. Il figlio si disperava, e il vecchio imperturbabile gli domandò: «Ma chi ti dice che sia una disgrazia?». Infatti dopo qualche giorno la giumenta tornò alla stalla, seguita da uno scalpitante branco di stalloni. Il figlio esultò e il padre subito ne spense gli entusiasmi: «Ma chi ti dice che sia una fortuna?». Difatti di lì a poco il giovane, cavalcando uno stallone, cadde e si spezzò una gamba. Pronte le parole di consolazione da parte del saggio genitore: «Ma chi ti dice che sia una disgrazia?». E anche questa volta aveva ragione, perché scoppiò la guerra e il giovane, reso invalido dalla caduta, fu esonerato dal servizio militare.

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Un commento

  1. Elisabetta Bordieri

    12 Dicembre 2018 a 19:12

    Un gran bel pezzo!
    Della serie: se c’è rimedio, perché ti preoccupi? Se non c’è rimedio, perché ti preoccupi?

    rispondere

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