”Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?
Ibis redibis non morieris in bello.
Andrai tornerai non morirai in guerra. È la risposta, perfidamente sibillina, dell’oracolo a un soldato andato a interrogarlo, prima di partire per il fronte: infatti il senso della frase si capovolge secondo la collocazione della virgola. Se la mettiamo dopo redibis la frase significa: Andrai tornerai, non morirai in guerra. Se la mettiamo dopo non vuole dire: Andrai non tornerai, morirai in guerra. L’importanza della punteggiatura è confermata dal motto: «Per un punto Martin perse la cappa». Martino era un abate che aveva scritto sull’ingresso del convento «Pòrta, pàtens èsto, nùlli claudàris honèsto» (porta, stai aperta, che tu non sia chiusa a nessun galantuomo). Ma la leggenda, riferita dal Panzini, narra che la virgola fu messa dopo nulli, sicché si leggeva: «Porta, a nessuno tu sia aperta, resta chiusa al galantuomo». Per questo punto (cioè punteggiatura) sbagliato, Martino perdette la cappa e il titolo di abate.
«È un ibis redibis» si dice d’una legge formulata in termini contorti, d’una circolare ministeriale di ambigua interpretazione, dove basta spostare o aggiungere una virgola (e gli errori di stampa non rispettano nulla, neanche la maestà della legge), per trasformare un diritto in una obbligazione, un arretrato da riscuotere in un’imposta da pagare.