”Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?
Lupus in fabula.
Il lupo nella favola. Quando appare improvvisamente la persona di cui stiamo parlando, tutti ammutoliscono, come nelle fiabe allorquando arriva il lupo, animale che incute paura a tutti. E il blocco della conversazione si accompagna a un lieve trasalimento se, della persona di cui si stava parlando, non si parlava affatto bene. E ad alta voce.
I primitivi credevano che bastasse pronunciare un nome per evocare la presenza e la potenza dell’essere di cui il nome si riferiva. Un residuo di tale superstizione sopravvive nel proverbio tedesco «quando lo si nomina, il lupo viene di corsa». Passando dai quadrupedi ai bipedi, nel Veneto si dice Non se nomina un cristian se no’l xè poco lontan. Nella commedia I fratelli di Terenzio, Ctesifone, figlio di Demea, cerca l’alleanza del servo Siro per le sue marachelle e questi lo assicura che interverrà presso il padre:
Siro – Lui ascolta volentieri chi parla bene di te; e io farò di te un dio, esalterò le tue virtù.
Ctesifone – e mie?
Siro – Sì, le tue; e per la contentezza piangerà come un bambino. Ecco a te…
Ctesifone – Che c’è adesso?
Siro – Lupus in fabula.
Ctesifone – Mio padre!
Nelle pochade francesi, la donna, subito dopo aver assicurato all’amante che il consorte è partito per un lungo viaggio, ode un rumore sospetto e grida: «Cielo, mio marito!».