”Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina? Pax tibi
Pace a te. Nello stemma di Venezia il leone di San Marco pone una zampa sopra un libro dove sta scritto Pax tibi Màce evangelìsta mèus, pace a te, Marco, mio evangelista. Narra la leggenda che l’apostolo Marco, navigando da Aquileia verso Ravenna, approdò nelle isole della laguna, dove gli apparve in sogno un angelo ad annunciargli che lì, in quelle terre, il suo corpo dopo la morte avrebbe trovato riposo. La leggenda lusingò l’orgoglio nazionale dei veneziani, che eressero il santo a palladio delle loro fortune mercantili e marinare e ne trasformarono il culto in una sorta di ideologia di Stato. nel nome del patriottico santo fu lecita a loro ogni cosa, anche la più discutibile, purché mirasse all’interesse della nascente grande potenza. Nel nome di san Marco venivano proclamati i dogi, san Marco i marinai invocavano nella tempesta, i soldati nella battaglia, i mercanti nel fondaco. E per rendere più concreto, più fisico il rapporto col celeste protettore, nel nono secolo avevano spedito Buono da Malamocco e Rustico da Torcello in Egitto, terra musulmana, a trafugarne il corpo. Per eludere le guardie del porto di Alessandria, i due veneziani nascosero la cesta contenente i resti del santo sotto un suino squartato. Carne immonda, che la religione di Allah vietava di toccare. Così gli astuti trafugatori passarono indenni l’ispezione e portarono sulla laguna il corpo del venerato.
Il leone, simbolo di san Marco Evangelista, rappresenta il coraggio e la forza, il suo ruggito è autorevole, proprio com’è chiamata a essere la Chiesa, sulle orme di Gesù. Nostro Signore manifestava la sua misericordia anzitutto nel suo essere giusto e nel chiamare le cose con il loro nome: il bene lo chiamava bene e il male lo chiamava male.