”Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?
Quod non fecerunt barbari fecerunt Barbarini.
Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barbarini (piccoli barbari), si leggeva sulla statua romana di Pasquino, dopo lo scempio dei monumenti antichi consumato da Urbano VIII (il papa del processo a Galileo), al secolo Maffeo Barberini. Egli tolse il bronzo che rivestiva le travi del Pantheon per farne cannoni e costruire il baldacchino di San Pietro. Dal Colosseo asportò pietre per il suo palazzo. Scrive Leopold von Ranke (Il papato, libro ottavo): «Si era ben lontani dal consacrare ai resti dell’antichità quell’attenzione e quella cura scrupolosa che dovevano incontrare più tardi. Ed è naturale, se si pensa che fra i privilegi dei Borghese uno v’era che li autorizzava ad ogni genere di distruzione, senza incorrere in alcun castigo. È incredibile quali profanazioni siano state operate nel secolo diciassettesimo. Le terme di Costantino, per esempio, s’erano mantenute attraverso le mutevoli vicende dei secoli, e i meriti del loro fondatore nei confronti del cristianesimo avrebbero dovuto proteggerle; ma sotto Paolo V furono abbattute dalle fondamenta e trasformate, secondo il gusto del tempo, in un palazzo con giardino… Anche se non fosse vero tutto quello che è stato detto sul conto dei Barberini, non si può negare che di regola essi seguirono la stessa via. Sotto Urbano VIII si pensò di nuovo a distruggere l’unico, autentico e incomparabile monumento dell’età repubblicana, la tomba di Cecilia Metella, per impiegarne il travertino nella Fontana di trevi… Già si poneva mano all’opera di distruzione, quando il popolo romano, che amava le sue antichità, lo venne a sapere e si oppose con forza».