”Una lingua “morta” che però continua a godere di ottima salute. Quante volte, nel parlare e nello scrivere, adoperiamo termini latini o di provenienza latina?
Vulgus vult decipi, ergo decipiatur.
Il volgo vuol essere ingannato. attribuito al cardinale Carlo Carafa, legato pontificio presso Enrico II, re di Francia. I demagoghi non sarebbero tanto sfrontati, se il popolo non fosse così credulone. Narra Svetonio nel capitolo settimo della Vita di Vitellio, che lui baciava i soldati incontrati per via, e si mostrava straordinariamente affabile con mulattieri e viandanti nelle taverne e nelle locande, «a tal segno che al mattino domandava a ciascuno se avesse già fatto colazione, e dava segno, ruttando, che lui l’aveva già fatta». Agli inizi del secolo, circolava nel Meridione la seguente storiella. Un candidato promette agli elettori: «Se mi darete lu voto, vi farò fare nu ponte». Una voce dal pubblico: «Nun tenimmo ‘o fiume». E l’altro, prontissimo: «Pure ‘o fiume, pure ‘o fiume!».
Francesca Rita Rombolà
29 Aprile 2019 a 18:12
E che lingua, in fondo, musicale, perfetta e compita. Chi parla ormai più nel mondo una lingua così? E chi è capace di inventarne più una uguale? Nessuno. Il latino il latino… meditate gente meditate.