L’economia rallenta le famiglie tagliano le spese
“SENZA CONSUMI INTERNI NON C’È CRESCITA ECONOMICA”
IN CINA, SECONDO GLI ECONOMISTI ITALIANI
“Il rallentamento stesso dell’economia [..] sta spingendo le famiglie a tagliare la spesa e allo stesso tempo a limitare ciò che desiderano, abbattendo i consumi”. Analisi perfetta della situazione italiana, pubblicata da Formiche. No, contrordine atlantisti! Era riferita alla Cina. Che sta inondando il mondo di prodotti a basso costo, poiché il mercato interno assorbe solo poco più della metà della produzione delle aziende cinesi. Ed è anche per questo che Pechino sta ampliando le proprie alleanze, dall’Africa all’America latina passando per l’Asia centrale ed il Medio Oriente.
Evidentemente una strategia superata. Perché la modernissima ed innovativa Italia ha puntato sulla deindustrializzazione, con 18 cali consecutivi mensili della produzione. Accompagnata da un calo delle esportazioni, perché il governo che ha riacquistato la credibilità internazionale è credibile solo nei Paesi dell’Occidente collettivo. A partire da quelli, come la Germania e la Francia, che hanno ridotto l’acquisto di prodotti italiani. E anche se i famigli di Giorgia non se ne sono accorti, la produzione industriale italiana è calata, anno su anno, più della media europea.
Però potrebbe anche andare peggio. Potrebbe piovere, certo. Oppure potrebbero rafforzarsi i Paesi produttori concorrenti. Non solo nell’auto. Quelle italiane ed europee costano troppo per il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Comprese le vetture non elettriche. I dazi contro le auto cinesi potranno fermare le vendite di veicoli importati, ma non per questo aumenteranno gli acquisti di auto italiane con prezzi assurdi. Qualche genio ha già chiesto di vietare la circolazione di auto vecchie, “perché inquinano e sono pericolose”. Se i proprietari avessero soldi a sufficienza, l’auto nuova l’avrebbero già comprata, senza aspettare le minacce dello scemo del paese.
Ma la concorrenza diventa sempre più estesa. La Cina ha raggiunto un accordo per investire 422 milioni di dollari in Marocco per la creazione di 11mila posti di lavoro nel settore tessile. Con la costruzione di nuove fabbriche entro 3 anni. Il Marocco, il Paese nordafricano più vicino politicamente all’Occidente, esporta già prodotti tessili in Europa. Ma avendo salari più alti rispetto ai principali concorrenti di produzioni tessili a basso costo (Bangladesh, Pakistan, Myanmar e Tunisia), con gli investimenti cinesi aumenterà la qualità del prodotto. Dunque, la concorrenza la farà direttamente con i prodotti europei. Ma a costo più basso poiché la retribuzione media marocchina nel settore è di poco superiore ai 300 euro al mese.
Un salario probabilmente adeguato all’Italia secondo i criteri degli opinionisti della destra fluida, ma difficilmente accettabile anche da giovani di buona volontà in cerca di occupazione.