”I botti sono tradizione antica
SILENZI E BOTTI
Capodanno. O meglio San Silvestro. È una Notte speciale. Anche se tutte le dodici notti dal Natale all’Epifania sono particolari. Magiche. E, a ben vedere, la notte è, sempre e comunque, magica e incantata. Una perenne fabula scritta da Shakespeare.
Comunque, il silenzio serale della città, già da giorni, viene improvvisamente spezzato da improvvisi fragori. I botti di Capodanno.
E i miei gatti sono nervosi. Birbo no, naturalmente. È un vecchio guerriero selvatico e non conosce la paura. Quando ci sono i temporali, se ne sta in terrazza, tutto fiero. E si gode lampi e tuoni. Ma Kira, di natura timida, vive nel terrore tutto questo periodo. E il piccolo Simba deve ancora decidere. Questi botti li teme o lo affascinano? È il suo primo Capodanno.
I botti sono tradizione antica. E non avevano la funzione “de fa’ casino” come dicono i miei coatti. O di spaventare i gatti e fare impazzire i cani. Avevano uno scopo rituale. Apotropaico. Ovvero fugavano i demoni, le forze oscure che tentavano di avvolgere il mondo degli uomini nel gelo e nelle tenebre perenni.
Alla fine torniamo sempre lì. Ai giorni, e al ciclo festivo, che accompagna e segue il Solstizio d’inverno. Che rappresenta, nel cosmo e nella Natura, la sempiterna lotta fra Luce e Tenebra. Fra Ahura Mazda e Angra Manju. Per fare riferimento al magistero di Zarathustra, dal quale derivano molte, se non tutte, le tradizioni e i miti fondanti della nostra Cultura. E dei quali siamo, per lo più, incoscienti.
Con il Solstizio e il Natale il Sole ha ripreso il suo corso ascendente. Impercettibilmente, ogni mattina, le giornate tendono ad allungarsi. E le notti a ritirarsi. È un fenomeno naturale che diamo per ovvio, scontato. Non ci prestiamo attenzione alcuna.
Ma nei miti quella che si sta, proprio ora, svolgendo è una grande battaglia cosmica. Dove l’esito non è mai scontato. È come se, ogni anno, si presentasse una sorta di immagine del Crepuscolo degli Dei. Il Ragnarok dell’Edda. Una battaglia che non ha una data. Il Tempo del Mito non è quello degli uomini. È ciclico. Una ruota, una spirale… Sempre si ripete. Sempre uguale. E sempre diverso.
Per cui gli uomini di un tempo, che di questa realtà erano consci ancora, collaboravano con gli Dei. Combattevano al loro fianco. In origine scagliando verso il cielo frecce incendiare e torce. Poi, arrivarono i fuochi d’artificio.
Furono i cinesi a inventarli. Ne parla già Marco Polo, nel suo narrare, prigioniero a Genova, ad un compagno di sventura. Rustichello da Pisa. I cinesi usavano i fuochi per i rituali. E per la loro bellezza. Arrivarono ad un livello artistico straordinario. Pitture, quadri effimeri. Disegnati e dipinti col fuoco sullo sfondo della notte. Il senso, tutto orientale, di come nell’impermanente, in ciò che per un attimo appare, e subito dispare, risieda l’autentica bellezza. Nell’attimo fugace il vero senso della vita.
L’uomo occidentale, ovvero ciò che noi siamo, della polvere pirica ha visto subito le applicazioni pratiche. E l’ha utilizzata per uccidere e distruggere.
Resta, però, questo uso dei botti di Capodanno. Sempre più osteggiato. Non senza qualche ragione. Ma a Napoli il popolo non vi rinuncia. Non c’è Covid o leggi di emergenza che tengono. Napoli è, in fondo, una città antica. Per molti versi… orientale.
Guardo il cielo. Oscuro. La città è avvolta dalle tenebre. E da quel silenzio irreale che, ormai da due anni, avvolge ogni cosa dopo il tramonto. Un silenzio intessuto di paura, incubi, irrazionalità. Meschinità.
Guardo, e dico ai miei gatti.
Mi spiace per voi. Ma quest’anno un po’ di petardi li sparo anch’io. Ci sono troppi demoni da scacciare.
Birbo mi fissa con i suoi occhi gialli. E, non ci crederete, annuisce…