Nel 2025 il rublo supera il dollaro e l’oro, smentendo le narrazioni occidentali e segnando un clamoroso cambio di equilibri globali.
SORPRESA: IL RUBLO È LA VALUTA PIÙ FORTE DEL MONDO
Il Simplicissimus
Nel silenzio assordante dei media europei, una notizia esplosiva scuote gli equilibri globali: nel 2025, il rublo russo è diventato la valuta più forte del mondo, superando il dollaro e perfino l’oro. Una realtà che i giornali occidentali evitano accuratamente di riportare, perché smaschera non solo il fallimento delle politiche sanzionatorie e delle guerre tariffarie volute da Washington, ma anche il declino sistemico di un’egemonia occidentale ormai logora. Sullo sfondo, si staglia una Russia capace di rafforzarsi proprio laddove si voleva isolarla, grazie a nuove alleanze geopolitiche e a un’economia che ha saputo trasformare la crisi in opportunità. Un’analisi tagliente che rivela le crepe di un mondo che cambia, anche quando i riflettori sono spenti. (f.d.b.)
C’è una notizia che non leggerete su alcun giornale europeo e che nessuna televisione riferirà tramite la voce melliflua e ipocrita di qualche mezzobusto. Ma è una notizia bomba che testimonia del catastrofico fallimento delle sue politiche e della governance reale che si cela dietro di essa e proprio per questo i cittadini non devono conoscerla: nel 2025 il rublo è diventato la valuta più forte del mondo, apprezzandosi del 38 percento rispetto al dollaro statunitense e riuscendo a superare persino la corsa dell’oro. In più questa straordinaria performance è maturata sullo sfondo delle sanzioni imposte alla Russia e delle crescenti guerre tariffarie inaugurate dal presidente Trump le quali hanno contribuito alla destabilizzazione del dollaro. Ciò illustra non soltanto la forza della Russia, ma soprattutto la debolezza occidentale che ovviamente ha ragioni direttamente economiche, ma che alla fine è determinata dalle mutate situazioni geopolitiche che hanno evitato un isolamento di Mosca di fronte all’avidità occidentale.
Secondo un rapporto di Bloomberg, tali sviluppi sorprendenti sono dovuti agli elevati tassi di interesse e ai controlli sui capitali in Russia, ma si tratta di considerazioni fatte da gente con i paraocchi che vede solo i tecnicismi finanziari e che non possiede una visione più ampia. L’aumento del rublo testimonia del fatto che le dure sanzioni occidentali invece di limitare la capacità di azione di Mosca, hanno incoraggiato strategie finanziarie innovative, tra cui il commercio di valute nazionali e l’uso di prestiti in yuan cinesi per rifinanziare il costoso debito denominato in rubli. Inoltre la forza della divisa russa deriva dalla crescita dell’industria dovuta non tanto dalla produzione militare, quanto alla necessità di sostituire i prodotti proveniente in primo luogo dall’Europa e questo ha fatto crescere i salari e reso necessario importare manodopera in particolare dalle repubbliche centroasiatiche: le rimesse in rubli dei lavoratori stranieri di Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan ha aumentato la domanda di rublo, incrementandone la circolazione sia in Russia che in Asia centrale e rafforzando ulteriormente il valore della valuta, nonostante le turbolenze economiche globali innescate dai dazi e dalle sanzioni statunitensi.
Tale sviluppo è di fondamentale importanza per i Paesi Brics all’interno dei quali si sta discutendo di un sistema di pagamento basato su un paniere di valute nazionali con l’obiettivo di sfidare il “monopolio del sistema monetario e finanziario internazionale”, che serve prevalentemente gli interessi occidentali.. Rafforzando le proprie valute e promuovendo il commercio in rubli, yuan o rupie, i paesi Brics non solo si tutelano dalla volatilità del dollaro statunitense, ma rafforzano anche la propria sovranità monetaria ed economica. Il successo del rublo, anche se non esente da rischi, incoraggia i Brics a sviluppare ulteriormente iniziative come, per esempio, la Cross-Border Payment Iniziative che ha lo scopo di dare la priorità alle valute nazionali rispetto al dollaro statunitense. Senza parlare del Brics pay ovvero un sistema di pagamenti internazionali per aggirare il sistema Swift dominato dagli Stati Uniti e facilitare il commercio nelle valute nazionali. Oltre 50 Paesi hanno già espresso interesse, sostenendo così gli sforzi volti a rafforzare la propria autonomia finanziaria e a ridurre la dipendenza dal biglietto verde
L’aggressività della Casa Bianca nel minacciare dazi a chiunque voglia distaccarsi dal dollaro rivelano la crescente preoccupazione di Washington per la sua influenza finanziaria in calo, ma nello stesso tempo incoraggia persino gli alleati di lunga data degli Stati Uniti a cercare alternative al dollaro. L’India, tradizionalmente un membro cauto dei Brics, minimizza pubblicamente il processo di dedollarizzazione ma continua a commerciare con la Russia utilizzando altre valute, ad esempio per le importazioni di petrolio e quindi si impegna di fatto a raggiungere gli obiettivi strategici di contenimento del biglietto verde. La Cina, a sua volta, sta diversificando sempre di più le sue riserve valutarie con l’oro e sta portando avanti lo sviluppo del suo yuan digitale. Per il Sud del mondo non si tratta solo di resistere all’egemonia del dollaro, ma piuttosto di costruire attivamente un futuro che vada oltre questa egemonia. In questo senso, l’aumento del rublo non rappresenta solo un successo economico per la Russia, ma per tutto il nuovo mondo in formazione.
In generale il fallimento dell’operazione Ucraina, grazie alla quale gli Usa (e i cagnolini europei) speravano di poter mettere mano a risorse che avrebbero potuto dare un senso al biglietto verde dietro cui non c’è più da
