La necessità di un’etica degli algoritmi per preservare autonomia, equità e trasparenza nell’era delle decisioni automatizzate.

SOVRANITÀ IDEOLOGICA PER METTERCI AL RIPARO DALL’ALGOCRAZIA

di Ingrid Atzei


Riflettevo su un termine che, ultimamente, mi è capitato di sentire più volte: algorEtica(2). Non si tratta di una parola recentissima; leggo, infatti, su accademiadellacrusca.it che il primo utilizzo attestato del lemma risale al 2017. Sette anni di vita per un termine non sono pochi, se questo viene utilizzato con la frequenza opportuna. Diversamente, potrebbero non essere tanti nemmeno cinquanta.

Ciò detto, di algorEtica ne sentiremo parlare, dal momento che essa attiene all’etica delle macchine. Ovvero, essa attiene all’attribuzione di un giudizio positivo o negativo all’”agire” delle procedure di calcolo. E, a questo punto, avrete già sobbalzato sulla sedia due volte: in primo luogo, perché il verbo “agire” appare poco indicato ad essere accostato a “procedure di calcolo” e, in secondo luogo, le “procedure di calcolo” non hanno in sé un’adeguatezza intrinseca a una morale. Piuttosto le riteniamo neutre per definizione. Il grande vantaggio degli algoritmi è che i loro outputs non devono essere filtrati da parametri di adeguatezza morale, almeno di non volerglieli implementare per ragioni specifiche o di studio. Racconta, a tal proposito, Yuval Noah Harari, in Homo Deus, l’esperienza vissuta da Sally Adee, giornalista del New Scientist, con il casco transcranico. Quello che la donna riporta, a parte gli effetti fisiologici minimi che il casco le produce, è che durante il test di prova del dispositivo non ha avuto paura e ha affrontato i “nemici” virtuali che si trovava davanti con freddezza e precisione, senza nemmeno rendersi conto del tempo che passava e dell’oppressione che l’attacco, senza il casco, le aveva procurato nello step sperimentale precedente. Alla fine della prova la Adee era soddisfatta, galvanizzata! Il casco le aveva permesso di superare le umane reazioni fisiologiche legate al timore e alla fatica. La soddisfazione della Adee emergeva, in tutta evidenza, dall’aver sperimentato cosa si prova a non dover filtrare le proprie azioni con parametri umani. Questo l’aveva indotta a desiderare di provare ancora e ancora il casco per re-immergersi in quella sensazione d’infallibilità e silenzio; il silenzio di ogni incertezza ammutolita dal perseguimento unico degli obiettivi. Nessun’altra distrazione, solo obiettivi.

In questa cornice di riflessioni s’innestano le parole che il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha pronunciato alla Conferenza AI Journey; conferenza che ha avuto luogo in Russia tra l’11 e il 13 dicembre di quest’anno e che ha lo scopo di far da guida alle aziende che intendono adottare soluzioni d’intelligenza artificiale per i loro prodotti e servizi.

Durante il suo intervento, breve ma interessantissimo, Putin ribalta, in qualche modo, il punto di vista algoEtico che origina dalla prospettiva di un futuro algocratico, ovvero dominato dalle macchine. Il Presidente della Federazione Russa pone l’accento sul fatto che le IA sono prodotti umani e, dunque, sono duttili, plasmabili. Nelle sue parole:

«Il modo in cui opera l’intelligenza artificiale è guidato da persone che s’ispirano a certi valori, a certi linguaggi, a un modo di concepire la Storia, le tradizioni. Per poter modellare il futuro dobbiamo essere indipendenti in questa tecnologia.»

E ancora, rinforzando il tema dell’indipendenza ma facendo un discorso che ogni popolo potrebbe fare proprio:

«L’intelligenza artificiale deve essere basata sulla Storia, la religione, la cultura russa. Abbiamo bisogno, perciò, di solide basi umanistiche per poter sfruttare al massimo l’intelligenza artificiale

Putin, nell’affermare che la Russia deve stare al passo con i tempi, si focalizza sull’abilità di pensare dell’Intelligenza Generativa e riporta la celebre citazione di Cartesio “Penso dunque sono”. Il fatto che citi espressamente Cartesio ci fa dedurre che il Presidente Russo non pensa alle IA come a delle entità senzienti a prescindere da chi le ha create e, pertanto, solipsistiche, ma assolutamente dipendenti dalle basi umanistiche loro implementate. Detto diversamente, l’algocrazia sarebbe scongiurabile “alimentando” con i giusti fondamenti le IA. Sottolinea, infatti, Putin in merito alla strategia nazionale sulle intelligenze artificiali:

«Stiamo sviluppando algoritmi che saranno ideati in modo trasparente, senza pregiudizio alcuno. Cercheremo di prendere in considerazione le peculiarità di ogni popolazione.[1] Credo che uno slancio a questo tipo di cooperazione verrà dall’Alleanza Internazionale delle Associazioni Nazionali per lo Sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Lanceremo i lavori di quest’Alleanza proprio oggi.»

E questo spiega perché, a proposito della Transizione tecnologica, egli affermi:

«Avremo bisogno di leader che non abbiano paura delle novità e di trovare nuove soluzioni».

Putin parla espressamente di leader, sottintendendo evidentemente leader umani!

Di qui, l’invito rivolto agli scienziati di tutto il mondo a:

«[…] collaborare con noi. Propongo di organizzare una sessione internazionale in Russia sull’intelligenza artificiale per vedere come sviluppare tecnologie importanti. Questo ci permetterà di rispondere alle prossime sfide e di trovare soluzioni innovative per le problematiche che si porranno in futuro. […] Le tecnologie basate sulle intelligenze artificiali sono una risorsa importante per assicurare la capacità difensiva del nostro paese, sviluppare l’economia e il settore sociale, così come la governance pubblica. Per ottenere tutti questi obiettivi la Russia dovrebbe diventare un leader non solo per lo sviluppo ma anche per la qualità delle applicazioni e dell’introduzione dell’intelligenza artificiale in tutti i settori.»

Il terreno filosofico-concettuale sul quale si muove Putin è quello che egli stesso chiama sovranità ideologica, ritenendola fondamentale per il futuro difensivo e strategico della nazione:

«L’intelligenza artificiale è importante per il progresso scientifico e tecnologico e per la sovranità del nostro paese.»

Ecco, analizzato l’intervento di Putin possiamo dire che, ancora una volta, l’Occidente s’approccia alle sfide del futuro inducendo miopia nelle proprie popolazioni. Il fulcro di tutto il progresso tecnologico non ruota attorno all’algorEtica come se essa fosse slegata dal sostrato umano che la genera e la indirizza; piuttosto ruota attorno alla sovranità ideologica di ogni popolazione fondata sulle identità, generate nel corso della Storia, che le connotano. E popolazioni dalle quali, come sottolinea ancora Putin, è importante ricevere dei feedback.

Insomma, il presidente della Federazione Russa mette l’essere umano al centro di tutto; noi, in Occidente, mettiamo le macchine al centro di tutto. Concettualmente parlando, stiamo davvero su due universi distinti.

Ingrid Atzei

 

 

 

NOTA:

[1] Questo in un’ottica multipolare ma, ovviamente, anche strategica.

 

(2) NOTA DEL BLOG

L’algorEtica è un termine che nasce dalla fusione delle parole algoritmo ed etica. Fa riferimento all’approccio etico nello sviluppo, nell’applicazione e nell’uso degli algoritmi, specialmente quelli basati su intelligenza artificiale (IA) e machine learning. L’algorEtica si concentra su questioni morali e sociali, assicurandosi che gli algoritmi siano giusti, trasparenti e rispettosi dei diritti umani.

Principi chiave dell’algorEtica

  1. Trasparenza: Gli algoritmi devono essere comprensibili e verificabili. Ciò implica evitare che siano “scatole nere” e rendere chiari i processi decisionali.
  2. Giustizia ed equità: Garantire che gli algoritmi non riproducano o amplifichino bias discriminatori (ad esempio di genere, razza o classe sociale).
  3. Privacy e protezione dei dati: L’uso dei dati deve rispettare la privacy individuale e essere conforme alle leggi vigenti (come il GDPR in Europa).
  4. Responsabilità: Stabilire chi è responsabile delle decisioni prese dagli algoritmi, assicurando accountability in caso di errori o danni.
  5. Beneficio sociale: Lo sviluppo di algoritmi deve essere orientato al benessere collettivo e non esclusivamente al profitto.
  6. Sicurezza: Garantire che gli algoritmi siano privi di vulnerabilità e non possano essere manipolati o usati per fini malevoli.

Perché è importante?

Con l’uso crescente degli algoritmi in ambiti come sanità, giustizia, finanza e selezione del personale, è essenziale assicurarsi che questi non perpetuino ingiustizie o pregiudizi. L’algorEtica si pone l’obiettivo di sviluppare un IA responsabile che rispetti valori umani fondamentali.

In sintesi, l’algorEtica è una disciplina che coniuga innovazione tecnologica e riflessione etica, promuovendo un uso equo e sostenibile degli algoritmi nella società.

 

 

 

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