Accettare che Conte chiami “Stati Generali” il raduno che ha indetto il pugliese con la sua junta, è segno insieme di impostura, di ignoranza profonda di cultura politica, per tacere della cultura generale.

 

Auguste Couder- Versailles, 5 maggio 1789, apertura degli Stati Generali

Accettare che Conte chiami “Stati Generali” il raduno che ha indetto il pugliese con la sua junta, è segno insieme di impostura, di ignoranza profonda di cultura politica, per tacere della cultura generale.

Gli Stati Generali che Luigi XVI chiamò nel 1789,(1) erano la convocazione di un Parlamento: il contrario esatto  di quello “convocato” dal  piccolo Ceausescu pugliese fra gli applausi mediatici, partitici  e l’approvazione del Colle: che è un ricevimento ad inviti, senza alcun mandato deliberativo, e  nemmeno consultivo. E a porte chiuse.

Gli Stati Generali si chiamavano così perché erano la chiamata dei tre ceti (clero, nobiltà, terzo stato) ai  quali il governo doveva chiedere aumenti delle imposte per risanare le sue finanze disastrose.  Non erano stati convocati da 170 anni, perché se ne conosceva  la tendenza – tradizionale  – antagonista rispetto all’esecutivo,  la forza della sua legittimità che limitava le prerogative regie.

Raffigurazione allegorica del terzo Stato, oppresso dagli altri due ceti sociali, clero e nobiltà

[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]I 1100 e passa rappresentanti che vennero a Versailles  ad aprile, erano dunque stati davvero liberamente  eletti, circoscrizione per circoscrizione;  e coscienti  di essere davvero “rappresentanti” ,  consapevoli della forza di tale  legittimità.[/stextbox]

I delegati  degli Stati Generali erano infatti eletti per voto  generale, ancorché per ceto e  con particolarità a volte cervellotiche: nel clero ad esempio i monaci ebbero un voto per ogni convento, mentre i canonici uno per ogni gruppo di dieci; e quest’assurdità non veniva, come si può credere, dalla tradizione medievale; al contrario, era  una novità:  “il regolamento del 24 gennaio emanato dal Consiglio (regale) che sconvolse l’ordinaria procedura  di convocazione per sostituirla con un sistema complicato che diede ad ogni partito l’impressione di essere danneggiato” (Gaxotte).(2)

Ma tuttavia, il guardasigilli del re, Barentin, istruì i funzionari locali di “non permettersi in alcun modo di intervenire per forzare la libera scelta ai votanti”.  I 1100 e passa rappresentanti che vennero a Versailles  ad aprile, erano dunque stati davvero liberamente  eletti, circoscrizione per circoscrizione;  e coscienti  di essere davvero “rappresentanti” ,  consapevoli della forza di tale  legittimità.

Solo che nel parlamento così convocato,  così nuovo, si votava per ceto e non per testa: ogni ceto si riuniva a parte; tre voti, uno per ogni “stato”. Poiché clero e nobili – che erano anche quelli “privilegiati”, godenti di esenzioni medievali fiscali,  avevano  comuni interessi e potevano mettere in minoranza il Terzo Stato, i delegati di questo – notai, avvocati di provincia, Robespierre, il grandioso Mirabeau   –  chiesero subito di votare “per testa” (il loro numero era pari a quello dei rappresentanti de due stati primi) ; gli altri tirarono in lungo, in discussioni concludenti.

 

“Obeso, butterato, dominava l’assemblea con la sua voce tonante e il suo acuto senso delle soluzioni politiche da adottare. A Robespierre disse un giorno: Giovanotto, non prendiamo l’esaltazione dei princìpi per la sublimità dei principii”.

[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Oggi, in Italia, con gli “stati  generali”, un ex-popolo senza dignità civile  si lascia espropriare dei suoi diritti politici, da imbelle baratta  la forza della sua legittimità per paura  di una malattia al 90 per cento  immaginaria, si lascia insultare da aedi che prescrivono alla “opposizione” di unirsi a quel ricevimento ad inviti, che dovrà “dare delle idee”.[/stextbox]

 

David- Il giuramento del Terzo Stato al Jeu de paume

Il 10 giugno il Terzo Stato, stanco di chiedere il voto per testa e la verifica in comune dei poteri (ossia la riunione plenaria di tutti i rappresentanti), si proclamò Assemblea Nazionale; il clero s’erano unito (a debole maggioranza) al movimento;  il 20  trovata chiusa e guardata dai soldati la sala delle deliberazioni, si adunò in quella destinata al gioco della pallacorda, e giurò di non sciogliersi prima d’aver votato la Costituzione.  Il re mandò un debole ordine, di tornare a riunirsi per “stato”.  Mirabeau, a nome della Costituente appena creata, rifiutò; poco dopo si unirono ai ribelli 47 aristocratici  capeggiati dal duca d’Orléans”:  ormai la ribellione aveva la forza della  legittimità di rappresentare l’intera nazione. Mirabeau, il genio politico,  voleva salvare la monarchia, rendendola costituzionale. Ovviamente la corte non capì, e andò incontro al suo destino.

Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau

Il potere parlamentare passò da Mirabeau, “che non s’era mai dato il diritto di ritardare la sua azione pubblica per preservare la sua onestà privata”, al potere dell’Onestà, dell’Incorruttibile per eccellenza, “alla sua metafisica e ai suoi inutili crimini”  nati dalla mediocrità “morale”.

Oggi, in Italia, con gli “stati  generali”, un ex-popolo senza dignità civile  si lascia espropriare dei suoi diritti politici, da imbelle baratta  la forza della sua legittimità per paura  di una malattia al 90 per cento  immaginaria, si lascia insultare da aedi che prescrivono alla “opposizione” di unirsi a quel ricevimento ad inviti, che dovrà “dare delle idee”.

Violazione più radicale delle istituzioni democratiche non posso immaginare, ed è in corso impunemente. In qualche modo, sotto i nostri occhi, avviene il contrario del giuramento della Pallacorda del 1789.

“MOVIMENTO BLACK LIVES“ ABBATTERE I SIMBOLI DELLE DISCRIMINAZIONI RAZZIALI

È l’applicazione del  principio orteghiano(3):  il barbaro interno non civilizzato  vive nella civiltà come se fosse la natura primigenia,  che gli regala i suoi frutti  senza coltivo; non capisce che i benefici di essa  – la  tecnica, la medicina, il diritto,  le forme della politica –  sono il risultato di una storia, di una crescita di cultura nei secoli: storia che l’ex popolo non conosce e di cui si sente estraneo, come ogni vero extracomunitario.  Questo dicono l’abbattimento delle statue in altre parti del mondo, dove i neo-barbari mantengono almeno l’energia fisica per farlo: non apparteniamo a questa civiltà e alle sue conquiste duramente guadagnate col sangue.

José Ortega y Gasset.

Ma “nella storia, è  la vitalità delle nazioni che trionfa, non la perfezione formale degli Stati” (Ortega y Gasset). Si tratta  di vedere se i rivoltosio vegani e Antifa sapranno fare la querta rivoluzione anglosassone. Perché ha ragione Meyssan(4) a vedere che “la cultura anglosassone ha provocato tre guerre civili:

 

– la prima guerra civile inglese,  quella di Cromwell, che  portò a decapitare il primo re in Europa, Carlo I (1642-1651);

– la seconda guerra civile inglese, o Guerra d’Indipendenza americana (1775-1783);

– la terza guerra civile anglosassone, o Guerra di secessione americana (1861-1865), con 600 mila morti  e non sarebbe finita, se “il generale Lee, non si fosse rifiutato di  continuare la guerriglia dalle montagne, scegliendo l’unità nazionale

 

Le manifestazioni non sono più contro il razzismo ma contro i simboli della storia del Paese. A protezione dei monumenti è stata dispiegata la Guardia Nazionale: nella foto, il 2 giugno al Lincoln Memorial di Washington.

[btn btnlink=”https://www.voltairenet.org/article210176.html” btnsize=”small” bgcolor=”#eded00″ txtcolor=”#000000″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]Cosa svelano le manifestazioni USA[/btn]

In Italia, un ex popolo di tatuati aspiranti alla movida del sabato, non sa nemmeno che cos’è il meraviglioso artefatto chiamato “civiltà”, in cui vive; non si sente dunque impegnato alla sua manutenzione, non prova solidarietà né responsabilità per  la sua continuità. Senza carattere e senza volontà, lo sganghera  mentre lo consuma e lo rovina, si incretinisce, né studia né lavora e spera nel reddito parassitario di cittadinanza, nelle elargizioni dei Ricchi di Stato che lo svendono agli stranieri. Elargizioni che presto finiranno, essendo a debito, pagate in una valuta troppo forte per chi non se la guadagna.

Boldrini alla Camera si inginocchia per Floyd ma non si inginocchiò per Pamela, Desiree e Leo uccisi dalle sue “risorse”.

Fra pochi anni, l’italiano come lo conosciamo, abitante in abituri tribali, tatuato e con orecchini, perennemente affamato, idiota, sarà la dimostrazione perfetta che i selvaggi non sono dei primitivi, ma dei degenerati – degradati, scesi al disotto del livello di antiche civiltà cui, un tempo appartenevano.

 

 

 

 

Maurizio Blondet

 

Note:

  • (1) Gli Stati generali del 1789 furono convocati da Luigi XVI allo scopo di raggiungere un accordo tra le classi sociali idoneo a risolvere la grave crisi politica, economica, sociale e finanziaria che affliggeva da anni la Francia.
  • (2) Pierre Gaxotte (Revigny-sur-Ornain, 19 novembre 1895 – Parigi, 21 novembre 1982) è stato un giornalista e storico francese. La sua notorietà è legata alle posizioni molto critiche nei confronti della Rivoluzione francese e delle tesi classiche della storiografia sull’argomento. Nel 1914 Gaxotte si avvicinò all’Action française; nel 1920 si laureò presso l’École normale supérieure iniziando poi l’attività giornalistica curando la collana di storia “Grandes Etudes historiques”. Parallelamente lavorò come insegnante di liceo. Dal 1930 al 1940 scrisse per il settimanale di stampo fascista “Je suis partout” (Io sono dovunque), di cui assunse informalmente la direzione, e per il foglio similare “Gringoire”. Dal 1945 iniziò la collaborazione con “Le Figaro”. Nel 1953 fu eletto all’Académie française.
  • (3) José Ortega y Gasset (IPA: [xoˈse orˈteɣa i ɣaˈset]) (Madrid, 9 maggio 1883 – Madrid, 18 ottobre 1955) è stato un filosofo e sociologo spagnolo. «Massa è tutto ciò che non valuta se stesso – né in bene né in male – mediante ragioni speciali, ma che si sente “come tutto il mondo”, e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri.» (La ribellione delle masse)
  • (4) Thierry Meyssan (Talence, 18 maggio 1957) è un giornalista e attivista politico francese. Nato e cresciuto in una famiglia cattolica tradizionalista. Ha fatto coming out dichiarandosi gay a circa vent’anni e da allora è stato un attivista per i diritti degli omosessuali. La sua notorietà la deve al suo controverso libro: L’Effroyable Imposture, in cui contesta la versione consolidata degli eventi degli attacchi terroristici dell’11 settembre, dando una lettura degli eventi in chiave marcatamente complottista. In seguito, ha pubblicato Pentagate, un libro in cui sostiene teorie cospirazioniste sull’attentato al Pentagono dell’11 settembre 2001. È l’autore di inchieste sulla destra estrema francese (specialmente sulle milizie del Front National, che sono oggetto di un’indagine parlamentare ed hanno causato una scissione del partito di estrema destra), così come sulla Chiesa cattolica (ad esempio sull’Opus Dei).

 

Fonte 

Immagine: Auguste Couder– Versailles, 5 maggio 1789, apertura degli Stati Generali

 

 

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