Le bambole vanno pettinate tutti i giorni
STIAMO A PETTINARE LE BAMBOLE
il Simplicissimus
la storia invece di morire lentamente tra le nenie degli sciamani neoliberisti, ha invece messo gli stivali e ora corre verso trasformazioni e assetti molto diversi rispetto a quelli della seconda guerra mondiale su cui l’Occidente si era adagiato
Mentre la storia invece di morire lentamente tra le nenie degli sciamani neoliberisti, ha invece messo gli stivali e ora corre verso trasformazioni e assetti molto diversi rispetto a quelli della seconda guerra mondiale su cui l’Occidente si era adagiato, in Italia e in Europa si stanno a pettinare le bambole, immortale espressione di Bersani che ormai appare come immersa in un lontano passato. Si pettinano a Londra dove si è riunito una specie di vertice dei perdenti per far sortire il topolino dalla montagna: ovvero quella di una tregua di un mese in Ucraina. Ma no, davvero questo sinedrio può pensare che Mosca stia a sentire queste baggianate e che accetti tutte le proposte che servono solo a prendere tempo? No di certo. Così come non s’impaurisce di uno Starmer che si dice pronto a difendere la sovranità dell’Ucraina (ma non era un antisovranista?) in terra, cielo e mare. Con cosa? Con i 72 mila uomini in totale delle forze armate britanniche? Magari sarebbe bene che si occupasse della sovranità del suo Paese, se non fosse un patetico burattino dei Rothschild. E tutti a dirgli bene, bravo, ben sapendo che si tratta solo di parole, di una recita scolastica mal interpretata.
E intanto gli Usa oltre ad annunciare la fine delle operazioni informatiche contro la Russia, hanno sospeso ufficialmente gli aiuti all’Ucraina, un chiaro segnale che non vogliono più Zelensky tra i piedi. Trump sarà pure rozzo, ma si rende conto che quello è il primo ostacolo sulla via di una possibile pace, cosa che sembra sfuggire agli europei, rimasti col cerino in mano, come del resto era ampiamente prevedibile, ma fanno finta di niente, si stanno bruciando le dita, ma ballonzolano qui e là, nascondendo il dolore per la fiamma, la vergogna per essere stati così sciocchi e allo stesso tempo così cinici. Però si pettinano bambole di ogni tipo, operazione in cui gli italiani sono particolarmente abili: e così tra una formidabile tensione sociale per le chiacchiere di Massari o per non so quale pesto da ricchi epuloni, è uscito fuori anche Michele Serra, ex

Articolo 11 – L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
umorista che da tempo immemorabile ha perso la vena e in compenso fa spesso ridere di sé per l’ubbidienza ad ogni forma reazionaria del reset e a ogni catechismo della finta sinistra. Adesso attraverso Repubblica ha chiamato all’appello tutti quelli che vogliono continuare lo scontro con la Russia fino all’ultimo ucraino, (ucraino. No italiano, tedesco, francese, inglese. No, solo ucraini che tra un poò dovranno mandare gli alunni delle elementari f.d.b.) cianciando di identità europea che evidentemente è possibile solo attraverso la guerra. La penosa manifestazione di domenica scorsa, si è conclusa con la dimostrazione che il Paese reale non vuol essere coinvolto in conflitti armati come del resto dice anche la Costituzione, che non è un testo apparso su Cuore. Ma lui ci riprova, si sente investito di un compito storico e come Zanna Bianca lancia il suo richiamo della foresta, sperando di avere più appeal maggiore del montiano, renziano, montezemoliano, draghiano Calenda che è perfettamente identificabile con chi sui conflitti vuole speculare. Dirà che continuare la guerra significa continuare un inutile massacro e che questo comunque costerà agli italiani una buona fetta di welfare? No, pettinerà le bambole della più vieta retorica dimenticando che quella in Ucraina è una guerra per procura della Nato. Farà finta di non saperlo.
E infine, per concludere in bellezza c’è lo sciopero dei trasporti indetto per l’8 marzo, una data che potremmo chiamare irrituale. Tuttavia è stata l’occasione che ha spinto la Cgil a proclamare uno sciopero nel settore della scuola e della ricerca contro, immaginatevi un po’, il patriarcato. Ora magari non sarebbe male una battaglia sindacale per equiparare i salari tra donne e uomini, ma la Cgil evita come la peste ogni tema concreto e si appella a presunti attacchi ai diritti delle donne (che poi dovrebbero essere quelli dei cittadini, se non mi sbaglio) e rimane nel vago invece di prendere direzioni concrete. Insomma si tratta di uno sciopero politico, senza politica reale. Il che di certo è nella linea di Landini che si fece in quattro per dare a Marchionne e agli Agnelli il loro pezzo di carne, sacrificando i lavoratori. Ora che abbiamo un governo di destra, ammesso e non concesso che ce ne sia stato uno di sinistra a partire dal ’92, si sente libero di fare la voce grossa invece di pigolare, ma per carità che non si vada davvero a toccare lo status quo delle relazioni industriali, delle questioni sociali, di quelle dei salari. Potrebbe magari accennare alla crescita della povertà nel nostro Paese invece di sgranare inutili rosari. No, ruggisce, ma in gabbia, magari aspettando che il sistema lanci qualche bistecca oltre le sbarre e gli salvi la faccia. Anche lui pettina bambole, anzi è un grandissimo coiffeur pour poupée.
