La signora dai pantaloni lunghi un metro e larghi due…
STIAMO FACENDO LA STORIACCIA
Non posso esimermi dall’esprimere ammirazione per l’abilità di venditrice di chincaglierie del premier Meloni, tanto che mi stupisco come abbia potuto scegliere la carriera politica invece di andare in giro per mercatini dove avrebbe avuto un successo strepitoso. La signora dai pantaloni lunghi un metro e larghi due ha infatti aspramente rimproverato i protagonisti e i commentatori della saga del ministro Sangiuliano martire dicendo che si tratta di polemiche indegne visto che “stiamo facendo la storia”. Ora sarebbe interessante capire di quale storia si tratta e chi la suggerisce (ma questo lo sappiamo, il signor Mario Draghi, gran commendatore del Britannia),(1) perché finora si direbbe che ci sia solo e soltanto una storiaccia.
Ma la cosa davvero straordinaria è come un intero Paese mentre rischia di essere trascinato in guerra e viva sull’orlo di una crisi economica e sociale senza ritorno, possa appassionarsi alle vicende extraconiugali di un ministro che probabilmente ha distratto un pugnetto di soldi pubblici, ma comunque non più di quanto ogni mezz’ora ne vengono bruciati nel calderone della sanità in ognuna delle 20 Regioni che disgraziatamente ne reggono le sorti. Capisco che il ministro Gennaro Sangiuliano è un uomo di irresistibile fascino – come si dice, bassezza è mezza bellezza – che molte donne soggiacciano alle sue seduzioni come i gourmand di Napoli cedono a quelle dei panzerotti fritti e che la carriera di giornalista in quota politica del personaggio abbia esercitato un’irresistibile attrazione amorosa. Ma via, si tratta di una semplice storia di corna il cui lato più curioso è la differenza di altezza fra il seduttore e le sedotte (o viceversa, vai a sapere) mentre quello più scontato e banale è la dinamica intrecciata del potere che si esercita in tali vicende. Tutto fin troppo ovvio, se non la coglioneria di chi si è fatto beccare con le mani nel vasetto della marmellata, per così dire. Del resto come insegna Cetto La Qualunque, u pilu è un ingrediente importante di una politica espropriata dalle sue funzioni e dal suo senso: visto che altri tirano i fili cosa dovrebbero fare i burattini costretti ad eseguire gli ordini? Proprio niente se non quello di dedicarsi ad attività marginali o a quelle diciamo così ludiche in mezzo ad un ambiente dove il lobbismo, il millantato credito e dunque anche il carrierismo sfrenato, sono merce quotidiana. Sono in fondo il senso stesso della politica neoliberista e globalista giunta all’apice dell’accumulazione capitalista.
La cosa diventa ancora più ridicola quando dagli avversari la “destra maldestra” (sì anche questo è stato scritto, ma senza alcun tocco di ironia) viene accusata di mancanza di senso dello Stato. Oh già, ma non è la stessa parte che vuole distruggere lo stato nazionale come principale ostacolo alla globalizzazione dei poteri finanziari? Quindi non avere il senso dello Stato dovrebbe essere in realtà un merito. Ora Gennaro Sangiuliano, modernizzato in Genny come vuole la moda americanizzante per cui è un peccato non avere un nome da animale domestico col guinzaglio o col campanellino, sarà anche un pessimo ministro della cultura, sarà anche un po’ ignorantello almeno stando alle sue gaffe come quella di Colombo ispirato da Galileo ( vedi nota), ma è l’ideale per un Paese che da troppo vive di tifo da stadio e non di idee, di insensatezza, di corriva emozione verso il pentitismo (“Genny” ha sfruttato proprio questa sindrome per risalire a galla con l’intervista al Tg1), che non ha né cognizione del passato, né senso del futuro, né una reale cultura politica se non quella dettata e raffazzonata altrove, colà dove si puote. E questo vale per tutte le parti politiche o pseudo tali in causa. Fare gli scandalizzati per un marginale interesse privato in atto pubblico è risibile in un Paese che ha almeno 2000 leggi ad personam depositatesi come il calcare sulla legislazione, in un Paese dove l’incompetenza è un valore aggiunto, dove in Rai e nelle maggiori testate a stampa o televisive si entra solo per padrinaggio politico o parentela. Lo stesso sistema che impera nel cinema o nell’editoria e in pratica in qualsiasi attività che abbia un qualche riferimento a quell’oggetto misterioso che chiamiamo cultura. Che per sua stessa natura non dovrebbe nemmeno avere un ministro.
Sì, io difendo Sangiuliano nella misura in cui ritengo indifendibile l’assetto di potere di questo Paese. E l’imperdibile ridicolo di questa ennesima storiaccia è lo stesso di un’Italia piena di ventriloqui e portata all’estremo provincialismo di cancellare se stessa. Il fatto è che tutti interpretano in un modo o nell’altro questa commedia del declino, vuoi attraverso l’esposizione delle proprie “conquiste”, vuoi attraverso la recitazione di rosari come le beghine in attesa delle messe pomeridiane.
Nota Sangiuliano è stato giustamente sbeffeggiato per aver detto che Colombo per il suo viaggio nelle Americhe si era ispirato a Galileo, disgraziatamente nato sessant’anni dopo la morte del celebre navigatore. Tuttavia, per esperienza personale, fatta al tempo delle Colombiadi di Genova, temo che nessuno dei critici sapesse davvero a chi si ispirò Colombo e che interrogati in merito avrebbero fatto una figura barbina. Vabbè ve lo dico: era il matematico Paolo Dal Pozzo Toscanelli che sulla base di Tolomeo aveva calcolato l’equatore terrestre metà della grandezza reale. Così era immaginabile che sarebbe stato più facile raggiungere l’oriente andando verso occidente, senza l’intoppo dell’America.
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