”La democrazia non può che essere la forma di Governo dell’età ultima, difatti è il “dèmos” [δῆμος], la folla errante e pettegola, indemoniata – come indica l’etimo della parola stessa –…
La democrazia non può che essere la forma di Governo dell’età ultima, difatti è il “dèmos” [δῆμος], la folla errante e pettegola, indemoniata – come indica l’etimo della parola stessa – e quindi
divisa, a contendersi il potere, la reggenza della Nazione (che oggi più non è, essendo sostituita dallo Stato, con tutto ciò che tale cambiamento implica e su cui non ci soffermeremo in questa sede); è il popolo (dal latino “poples”, ovvero “ginocchio”), colui che arranca sulle ginocchia, piegato, a decidere quale autorità dovrà tenere la frusta, mentre nella forma più alta di Governo, nell’idea di Stato che trascende se stesso portando seco ogni suo membro, non può ravvisarsi che l’Impero: qui, il vero Popolo, unito, non disperso in tante fazioni contrastanti – specchi per le allodole della diabolica democrazia –, agisce come un unico organismo, unito e armonico, al medesimo tempo coeso seppur nella divisione di differenti ruoli all’interno del macro-organismo imperiale (ruoli assegnati per vocazione, secondo la tradizione dei mestieri antichi).
Ogni individuo adempie con gioia al proprio dovere, non per sé né per l’Imperatore – che è figura simbolica e analogica essendo il suo ruolo semplicemente quello di rappresentare il centro dell’Universo, l’axis mundi(1), il perno attorno a cui tutto deve girare, principio ordinatore del cosmo, anch’esso soggetto alla Legge – ma per il bene della comunità, che UNITA, senza bandiere, senza fazioni, senza lotte di classe, senza partiti, lavora e gioisce nella reciproca diversità e condivisione dei beni, essendo il servizio offerto alla Comunità – e non a sé e per sé – opera d’altruismo e d’Amore che eleva gli animi di chi in tal senso operi, affratellando uomo a uomo, donna a donna, come la cellula del corpo umano che pur agendo da cellula secondo il ruolo assegnatole dalla Natura, diviene “Uomo” in quanto la sua azione permette all’Uomo di esistere.
Così la concezione primordiale ed aurea dell’Impero – lungi dall’essere assimilata a perversa tirannide, sua degenerazione – è la più elevata forma di Governo e di coesione sociale, volta all’altruismo, al bene comune, alla vera nobilitazione tramite il lavoro, poiché questo non viene fatto per profitto – il lucro economico essendo di secondario interesse o addirittura assente – bensì per servire la causa superiore del Bene della Comunità e, tramite questo servizio, trascendere ogni sensazione di appropriazione e possesso, di ritorno per sé soli, di arricchimento personale, in un’azione che volge parimenti verso l’Alto e verso il prossimo, essendo il suo frutto raccoglibile da chiunque, azione che induce così alla rinuncia verso ogni brama e finalità personale.
L’operato di ognuno non è per sé soli ma per la comunità intera, il sudore del lavoro versato sotto il vessillo imperiale, che affraterna ogni essere in un altruismo letteralmente cattolico (dal greco “katholikós” [καθολικός], ovvero “universale”), è spinto dall’Amore per l’Umanità intera verso cui non ci si sente separati ma parti integranti: per questo motivo io ritengo che solo quando l’Aureo Impero risorgerà, si porrà fine a questa Età Oscura, e l’Umanità tornerà ad essere UNO.
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Note:
(1) L’axis mundi (lett. “asse del mondo”) è un termine proprio della storia delle religioni, con il quale si indica la nozione di asse dell’universo presente in differenti religioni e mitologie.
Sono diversi gli ambiti che posseggono la funzione di Axis Mundi, ovvero la funzione di collegare Cielo, Terra e Inferi. Esempi di Axis Mundi sono il Monte Meru della cosmologia religiosa del Sud-est asiatico, lo Hara Berezaiti della tradizione religiosa iranica o anche l’Himinbjörg della mitologia scandinava. Anche gli alberi “cosmici” svolgono la funzione di “asse dell’universo”.
Così Mircea Eliade:
«Nei miti e nelle leggende sull’Albero della Vita abbiamo spesso trovato implicita l’idea che esso si trova nel centro dell’Universo e collega Cielo, Terra e Inferno. Questo dettaglio di topografia mitica ha valore particolarissimo nelle credenze dei popoli nordici, sia altaici che germanici e centro-asiatici, ma la sua origine è probabilmente orientale (mesopotamica).»
( Mircea Eliade, Albero – “Axis Mundi”, in Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1984, pp. 384 e ss..)
Gli Altaici ritengono che al centro della Terra si collochi un gigantesco abete che arriva alla dimora di Bai-Ulgän, ovvero fino al Cielo. In modo simile i Tartari Abakan ci dicono di una betulla che cresce su una montagna di ferro. Medesima concezione si riscontra nelle credenze antico scandinave con l’albero Yggdrasil, mentre i Sassoni chiamano tale l’albero come Irminsul. In alcune mitologie cinesi, l’albero cosmico si situa presso la “Capitale perfetta” eretta al centro del mondo e da lì collega le None Sorgenti ai Noni Cieli; tale albero viene nominato come “legno eretto” (“Kieou-Mou”). Allo stesso modo il “primo albero” della tradizione Maya, Yaxche, il cui posto indica il centro di tutte le direzioni e i colori dell’universo.
«L’albero, secondo questi miti, esprime la realtà assoluta nel suo aspetto di norma, di punto fisso, sostegno del Cosmo. È il punto d’appoggio per eccellenza. Di conseguenza, le comunicazioni col cielo possono avvenire soltanto intorno a esso, o addirittura per suo tramite.»
(Mircea Eliade, 1984, pp. 384 e ss.)
Fonte
Immagine: Pericle parla agli ateniesi 461 a.C.