”Apparentemente, il tatto è il senso più… materiale. Toccare, tastare, palpare, palpeggiare…
TATTO & TRASTULLI

Marino, Giovan Battista Marino, pone il senso del tatto nel Mastio, la Torre centrale, l’unica rotonda, del Palagio, ovvero il Castello d’Amore. Siamo al canto VIII dell’Adone, che, in modo alquanto significativo, porta come titolo “i Trastulli”. E di Trastulli in effetti parla il poeta. Il lungo, estenuante, sensuale bagno purificatore di Venere e Adone è scena di erotismo così spinto, che solo l’abilità, anzi l’estrema perizia del Marino nel manipolare la lingua fa sì che non appaia esplicitamente… pornografico. Intendiamoci, pornografico nel senso etimologico del termine greco, che significava parlare dell’arte del meretricio. Ovvero delle meretrici, delle donne che esercitavano, e vendevano, la loro arte erotica. E godevano di prestigio e stima sociale, più o meno come le geishe nella cultura giapponese.
Niente a che vedere, dunque, con la volgare prostituzione. O con quella che, oggi, chiamiamo pornografia. E che, per lo più, è solo esposizione di quarti di carne e accoppiamenti meccanici…
Ma Marino sapeva manipolare la lingua come ben pochi altri. Nessuno in Italia, ai suoi tempi. E in Europa solo Gòngora. I dioscuri del Barocco.
E la scena della balneazione è di rara sensualità ed eleganza. Un panneggio impalpabile quasi. Una velatura marmorea.
Dove domina, appunto, il senso del tatto. Buon ultimo, dopo un crescendo attraverso gli altri quattro, rappresentati nelle Torri Quadrate.

Apparentemente, il tatto è il senso più…materiale. Toccare, tastare, palpare, palpeggiare… Eppure, nell’Adone, l’esperienza (intensamente erotica) del tatto chiude, certo, il climax crescente dei piaceri e delizie che giungono attraverso i sensi, ma, contemporaneamente, apre la porta ad una esperienza dell’Amore che trascende la sfera sensibile.
Venere e Adone, dopo i “trastulli”, vengono uniti in matrimonio da Mercurio. E Mercurio è, oltre che il Dio, il Metallo che perde la sua durezza e solidità, e diviene fluido. Quasi inafferrabile. E il “processo mercuriale” è, appunto, uno dei tre che governano la Natura, secondo la filosofia ermetica. Il processo che conduce dall’esperienza della pietra a quella dell’acqua.
Tant’è che i due Amanti, dopo aver finalmente consumato le “nozze”, si abbeverano alla Fonte di Apollo. E il piacere, da fisico, si fa spirituale. Intellettivo. Ed inizia l’ascesa attraverso i primi Tre Cieli: la Luna, cielo della Scienza; Mercurio, cielo dell’Arte. E il cielo di Venere, ove è data la pura contemplazione della Bellezza.
Qui, però, mi fermo. Se qualcuno avesse lo strano uzzolo di sapere come va a finire, vada a leggersi l’Adone. O, se gli par troppo, un qualche sunto ad uso scolastico. I vecchi Bignami, per intendersi…
Famosa è la seguente ottava in cui il narratore si rivolge alla rosa, che con una spina ha punto il piede della dea Venere; in essa, infatti, si ritrovano tutti gli elementi elencati:
- “Rosa riso d’Amor, del Ciel fattura,
- Rosa del sangue mio fatta vermiglia,
- pregio del mondo, e fregio di Natura,
- de la Terra e del Sol vergine figlia,
- d’ogni Ninfa e Pastor delizia e cura,
- onor de l’odorifera famiglia,
- tu tien d’ogni beltà le palme prime,
- sovra il vulgo de’ fior Donna sublime”. (n.d.b)
Venere e Adone. Scarsella Ippolito detto Scarsellino (Ferrara 1550 ca. – 1620)
Da parte mia, ho usato il Cavalier Marino, per parlare di questo senso, il Tatto, troppo spesso, se non sempre, involgarito nel rappresentare comune.
Mentre’ “tangere” da cui “tatto” deriva, serba già nell’etimo latino originario, una pluralità di sensi e significati che vanno molto al di là del luogo comune. Tra questi “afferrare”. Perché toccando si afferra. Ma non solo in senso fisico. Dalla sensazione, si passa alla emozione. E da questa all’esperienza, ovvero al contatto fra le anime. Le nozze mercuriali dei due Amanti.
Il Tatto, più che un senso in se stesso racchiuso, è una sintesi di tutti gli altri quattro. Il Gusto è toccare con la bocca, l’olfatto toccare i profumi, l’udito toccare i suoni. E la vista toccare con gli occhi. Per altro esperienza abbastanza comune, ben rappresentata da espressioni correnti quali “sentirsi gli occhi addosso” o il più birichino “spogliare con gli occhi”.
E, come sintesi dell’esperienza “fisica” dei sensi, prelude ad una esperienza metafisica. Che, in fondo, è un” toccare”, quindi afferrare, con l’intelletto.

Sfiorare, carezzare con leggerezza la mano della Donna, è preludio di una sensazione/emozione che, se colta nella sua sostanziale purezza, può condurre molto al di là del rapporto fisico. Adamo, nel Giardino dell’Eden, le sfiora la spalla. Come se volesse esortarla a non dargli il frutto del peccato.
E durante la partita a scacchi, la mano di Tristano sfiora appena quella di Isotta dalle Bianche Braccia. Da lì, le fiamme e la tragedia.
Ma è sempre una sensazione tattile diffusa quella che ci trasmette Gabriele D’Annunzio ne “ La pioggia nel Pineto ”.
Dove tutta la superficie della pelle, e non solo le mani, si fa organo, strumento del tatto. E il Poeta e la Donna sono avvolti da questa sensazione comune. Che li conduce ad una fusione col paesaggio. E a una simbiosi fra loro. Perché la pelle è la guaina che racchiude il corpo. E, al contempo, l’organo con il quale tocchiamo, nei più diversi modi, il mondo. È punto di sintesi. E di confine.
[…] E andiam di fratta in fratta/or congiunti or disciolti/(e il verde vigor rude/ci allaccia i mallèoli/c’intrica i ginocchi)/chi sa dove, chi sa dove!/E piove su i nostri vólti/silvani/piove su le nostre mani/ignude/su i nostri vestimenti/leggieri/su i freschi pensieri/che l’anima schiude/novella/su la favola bella/che ieri/m’illuse, che oggi t’illude/o Ermione.
Come Venere e Adone, nei Trastulli del Marino. Un’estenuante carezza che conduce alla pura esperienza dell’intelletto. E alla poesia…

Fonte: ElectoMagazine del 12 ottobre 2021