Israele si prepara ad invadere il Libano
TEMPO PESANTE
Israele, ad onta di tutte le dichiarazioni e assicurazioni precedenti, si prepara ad invadere il Libano. Per eliminare Hezbollah, o, almeno, per metterlo in condizione di non nuocere per lungo tempo. Il richiamo dei riservisti – almeno due brigate, a quanto sappiamo – è il chiaro segnale in questa direzione.
Intanto Netanyahu vola negli States. Per affrontare la collera, vana, dell’ONU, che si trova di fronte al fatto compiuto. E, soprattutto, per cercare di rimediare alla situazione con gli Stati Uniti. Il vero problema, ora come ora, per Bibi.
Perché gli States hanno presentato, insieme alla Francia, una mozione all’ONU per bloccare l’offensiva israeliana. La proposta di un periodo di tregua, che permetta di ragionare. Ed è questo che, inevitabilmente, preoccupa Netanyahu
Che ha, ormai, chiaramente tutte le intenzioni di procedere, restando indifferente a tutte le pressioni internazionali. Nella sua logica Hezbollah è un problema troppo grosso per permettere tregue o anche solo un differire dell’azione militare.
Tuttavia l’organizzazione degli sciiti libanesi è un osso duro da rodere. Militarmente in grado di reggere l’offensiva israeliana, visto che gli stessi servizi di intelligence di Telavi la considerano in possesso delle migliori, più armate, preparate ed organizzate, forze armate dell’intero mondo arabo.
E, soprattutto, perché legata a triplo filo con Teheran.
Ed è questo il vero nocciolo del problema. Quello che ha spinto Washington a proporre una tregua militare tra le parti.
L’incertezza su quale sarebbe la reazione iraniana ad un, massiccio, attacco di Israele contro Hezbollah.
Certo, sino ad oggi, gli ayatollah hanno evitato con cura lo scontro frontale contro Israele. Ben conosci della forza militare e tecnologica che garantisce allo Stato ebraico una decisa superiorità. E, al contempo, convinti che il tempo lavori a loro favore. E che finirà per esaurire gradualmente la forza di Israele.
Costretta a uno sfibrante confronto con Hezbollah, Hamas, ultimamente anche gli Houthi yemeniti. Nessuno dei quali, certo, in grado di minacciare direttamente la sicurezza dello Stato ebraico. E però un confronto difficile da reggere a lungo. Dissanguante. Anche in considerazione degli indici demografici.
Già, perché la demografia non è qualcosa di indipendente. Incide, e pesantemente, sugli scenari geopolitici. Anche se i suoi tempi sono, quasi sempre, lunghi. A volte anche molto lunghi.
Tuttavia è certo che la crescita demografica favorisce gli arabi. E sta diventando, ogni giorno di più, un grave problema per gli israeliani.
E un problema, francamente, irrisolvibile, visto che i modelli sociali israeliani sono, essenzialmente, quelli dell’Europa occidentale e degli States. Quindi tendenti a un, sempre più vertiginoso, calo demografico.
Di qui la convinzione di Netanyahu della necessità, per Israele, di imporre il terrore agli arabi. Con l’uso della forza.
Convinzione, va detto, che ha un sottofondo di disperazione. Ma che potrebbe portare, in tempi assai brevi, alla deflagrazione di un conflitto tale da sconquassare tutto il Medio Oriente. E di dilatarsi oltre questo. Facilmente diventando mondiale. Con tutto ciò che ne potrebbe conseguire. E, sinceramente, qui la fantasia vacilla.