Una riflessione laica e critica sul papato tra storia, spiritualità e logiche di potere.

TRA DIO E CESARE: I PAPI NELLA STORIA DEL POTERE

Il lungo viaggio del papato tra idealismo evangelico e compromessi terreni

PARTE II

Redazione Inchiostronero

Il papato è una delle istituzioni più antiche e durature della civiltà occidentale, capace di trasformarsi da voce profetica perseguitata a potenza temporale con eserciti, intrighi e alleanze. Questo saggio ripercorre in chiave critica le principali fasi storiche del pontificato: dalle origini comunitarie e martiri dell’età romana, all’apogeo medievale e rinascimentale, dominato da nepotismo e simonia, fino alle recenti sfide della modernità, dei totalitarismi e della secolarizzazione. Attraverso citazioni storiche, analisi documentate e una prospettiva laica, il testo interroga la coerenza tra il messaggio evangelico e le azioni spesso contraddittorie dei papi: figure a volte illuminate, altre volte più vicine a monarchi che a pastori. L’elezione del nuovo pontefice, Robert Francis Prevost, diventa infine occasione per chiedersi se la Chiesa possa ancora parlare con voce credibile al mondo contemporaneo o se resti prigioniera dei suoi paradossi. Un invito a conoscere, criticare e comprendere — senza dogmi — una delle strutture di potere spirituale più complesse della storia umana.


Il Novecento: totalitarismi, aperture, scandali

Il Novecento è il secolo della frattura e del rinnovamento. Per il papato, è un’epoca in cui si alternano silenzi pesanti, slanci profetici, tentativi di apertura e ombre profonde. Il papa non è più soltanto il sovrano dello Stato Pontificio — ormai ridotto al minuscolo territorio del Vaticano — ma diventa una figura globale, osservata, interpretata e contestata. Il potere spirituale si fa mediatico, simbolico, ma anche fragile.

Il papato e i totalitarismi

All’inizio del secolo, Pio X (1903–1914) assume una posizione ultraconservatrice, condannando il modernismo, ritenuto una minaccia interna più insidiosa delle eresie del passato. Dopo la parentesi bellica, Pio XI (1922–1939) firma i Patti Lateranensi con Mussolini nel 1929, restaurando ufficialmente lo Stato della Città del Vaticano e ottenendo il riconoscimento della Chiesa come interlocutore privilegiato.

“Conciliazione storica tra Trono e Altare.” (Definizione della stampa cattolica dopo i Patti Lateranensi)

Ma questa alleanza non impedisce al papato di mantenere ambiguità nei confronti del fascismo e del nazismo. La figura più discussa resta Pio XII (1939–1958). Durante la Seconda guerra mondiale, fu pontefice in un periodo tragico: l’Olocausto, l’occupazione nazista di Roma, le leggi razziali.

“Il suo silenzio fu assordante.”* (John Cornwell, Il papa di Hitler)

Pio XII è stato accusato di non aver denunciato apertamente l’antisemitismo nazista, pur avendo salvato, tramite canali discreti, migliaia di ebrei rifugiati nei conventi e nei palazzi vaticani. I suoi difensori parlano di diplomazia prudente, i critici di complicità morale. Il dibattito su di lui è ancora oggi acceso.

Giovanni XXIII e Paolo VI: il Concilio e l’apertura

Il pontificato di Giovanni XXIII (1958–1963) segna una svolta radicale. Considerato inizialmente un “papa di transizione”, si rivela un innovatore coraggioso, indice il Concilio Vaticano II (1962–1965) per aggiornare la Chiesa, aprirla al dialogo con il mondo moderno e con le altre religioni.

“Apriamo le finestre della Chiesa, lasciamo entrare aria fresca.” (Giovanni XXIII, 1962)

Il Concilio produce riforme profonde: uso delle lingue locali nella liturgia, apertura al dialogo ecumenico, rivalutazione del laicato, condanna dell’antisemitismo. È un momento di grande entusiasmo e anche di tensione: non tutti nella Chiesa accettano questa nuova direzione.

Il successore Paolo VI (1963–1978) prosegue il cammino conciliare, ma con un approccio più prudente. Uomo riflessivo e spesso tormentato, affronterà un mondo in fermento: contestazioni, secolarizzazione, crisi vocazionali. Il suo documento più controverso, Humanae Vitae (1968), condanna l’uso della contraccezione artificiale, provocando forti reazioni anche all’interno del clero.

“Un pontefice moderno, in equilibrio instabile tra la dottrina e il cambiamento.” (Giuseppe Alberigo, storico del Concilio)

Giovanni Paolo II: papa globale, conservatore sui valori

Con l’elezione di Giovanni Paolo II (Karol Wojtyła) nel 1978, il papato entra definitivamente nell’era globale. È il primo papa non italiano dopo secoli, il primo proveniente da un Paese comunista. Carismatico, atletico, poliglotta, viaggia in tutto il mondo e contribuisce in modo decisivo alla caduta del comunismo in Europa orientale, in alleanza non dichiarata con Ronald Reagan.

“Non abbiate paura!” (Giovanni Paolo II, Messa d’inizio pontificato, 1978)

Ma al di là della sua forza simbolica e diplomatica, Giovanni Paolo II è anche un papa fortemente conservatore sui temi morali e sessuali. Condanna l’aborto, il divorzio, l’omosessualità, e mantiene una linea dura sulla bioetica e sul ruolo delle donne nella Chiesa. La sua teologia del corpo è apprezzata da molti, ma anche vista come rigida e scollegata dalla realtà contemporanea.

Il suo lunghissimo pontificato (1978–2005) vede anche l’inizio della crisi degli abusi sessuali nella Chiesa. Se ne parla poco all’epoca, ma i primi segnali emergono. La risposta ufficiale è ancora lenta, incerta, e spesso incentrata sulla difesa dell’istituzione.

Benedetto XVI: teologo brillante, istituzione fragile

Joseph Ratzinger, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, succede a Giovanni Paolo II nel 2005. Benedetto XVI è un intellettuale finissimo, profondo conoscitore della teologia e della tradizione. Il suo pontificato è però segnato da una crescente debolezza istituzionale, e da scandali devastanti:

  • Vatileaks, con la fuoriuscita di documenti interni che rivelano lotte di potere, corruzione e rivalità nella Curia romana.

  • Scandali di pedofilia, gestiti inizialmente con prudenza e poi con maggiore decisione, ma sempre nel segno del contenimento più che della trasparenza.

Nel 2013, Benedetto XVI compie un gesto epocale: si dimette, primo papa a farlo dopo oltre 700 anni. Un atto che rivela il grado di crisi interna della Chiesa.

“Non ho più le forze per esercitare adeguatamente il ministero petrino.” (Benedetto XVI, dichiarazione di dimissioni, 2013)

Francesco e oltre: la Chiesa del paradosso

Con l’elezione di Jorge Mario Bergoglio nel 2013, la Chiesa vive uno spartiacque storico e simbolico. Francesco è il primo papa gesuita, il primo sudamericano, il primo a scegliere un nome programmaticamente “minore”: quello di Francesco d’Assisi, il poverello che parlava agli animali e sfidava il potere della Chiesa con la radicalità evangelica. Il gesto è potente. Il messaggio, immediato: la Chiesa deve uscire dai palazzi e tornare nelle periferie, fisiche e spirituali.

“Una Chiesa povera per i poveri.” (Papa Francesco, conferenza stampa del 2013)

Fin dal principio, Francesco adotta uno stile informale e dirompente: rifiuta l’appartamento pontificio, predica senza appunti, telefona direttamente ai fedeli. Mette al centro la misericordia, il dialogo, la tenerezza. Ma se il suo linguaggio conquista i media e molti settori della società civile, le sue scelte teologiche e pastorali dividono profondamente il mondo cattolico.

Il pontificato delle riforme parziali

Francesco si pone come pastore prima che dottore, e questo orientamento lo porta a relativizzare alcuni elementi dottrinali in nome della coscienza individuale e della complessità delle situazioni. Nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia (2016), per esempio, apre alla possibilità che i divorziati risposati possano accostarsi all’eucaristia, una novità che molti considerano rivoluzionaria, altri uno strappo con la tradizione.

“La realtà è più importante dell’idea.” (Francesco, Evangelii Gaudium, 2013)

Francesco pone attenzione alle questioni ambientali (Laudato Si’), all’economia (Fratelli Tutti), alle migrazioni e alla dignità degli ultimi. Tuttavia, molti cattolici più conservatori lo accusano di ambiguità, populismo spirituale e confusione dottrinale.

Il suo linguaggio diretto e pastorale si scontra spesso con la macchina burocratica vaticana, che oppone resistenze silenziose alle riforme. Il Sinodo sulla famiglia, quello per l’Amazzonia, e più recentemente il “Cammino sinodale” tedesco, hanno fatto emergere una polarizzazione profonda tra progressisti e tradizionalisti. La Chiesa si scopre internamente spaccata, incapace di trovare una linea comune su temi cruciali come il ruolo della donna, l’omosessualità, l’autorità episcopale.

Gli scandali irrisolti

Nonostante l’impegno nel contrasto agli abusi sessuali, il pontificato di Francesco non è stato immune da critiche sulla gestione dei casi di pedofilia, soprattutto nei confronti della responsabilità dei vescovi e dei cardinali. Alcuni episodi clamorosi — come il caso del cardinale McCarrick o le accuse dell’arcivescovo Viganò — hanno messo in dubbio la reale volontà della Chiesa di fare chiarezza fino in fondo.

“La Chiesa non è immune dalla cultura del silenzio.” (Marie Collins, vittima di abusi e membro dimissionario della Commissione Pontificia per la tutela dei minori)

Francesco ha parlato di “vergogna” e “tolleranza zero”, ma la percezione pubblica è che le riforme siano lente, incomplete e ostacolate internamente. La trasparenza è ancora una meta più che una realtà.

E ora? Il futuro del papato

Con l’elezione di Robert Francis Prevost, primo papa statunitense, come immaginato nel commento di Andrea Sandro Pecchioli (“La fumata a stelle e strisce”), si apre un nuovo scenario. Prevost, agostiniano di formazione, uomo di cultura e di esperienza latinoamericana, potrebbe rappresentare un ritorno alla profondità teologica e al rigore patristico, dopo un decennio di centralità comunicativa e pastorale.

La sfida sarà enorme: traghettare una Chiesa profondamente divisa, indebolita dalla crisi morale e dalla secolarizzazione, verso una nuova credibilità spirituale.

“Il pastore conosce l’odore delle sue pecore. Ma deve anche indicare una direzione.”( Francesco, omelia del Crisma, 2013)

Ora la domanda è: sarà il prossimo papa un semplice amministratore del declino o il protagonista di un nuovo inizio?

Conclusione del capitolo

Il pontificato di Francesco ha segnato una cesura netta con il passato recente: più che un’epoca di riforma compiuta, è stato un tempo di diagnosi, di crisi esplicitate, di tentativi non risolti. La Chiesa del XXI secolo si presenta come una Chiesa del paradosso: missionaria e arroccata, misericordiosa e giudicante, umile nel linguaggio e ancora opaca nella struttura.

Il prossimo papa — chiunque sia, anche Prevost — erediterà una Chiesa affaticata, ma non spenta, in bilico tra identità e cambiamento, tra nostalgia e profezia. Il paradosso, forse, è la sua condizione naturale.

Inciso storico – “Napoleone, Porta Pia… E se avesse vinto?”

Il 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia, evento simbolo dell’Unità d’Italia, cadde lo Stato pontificio e la capitale cambiò. Affresco che raffigura il maggiore Giacomo Pagliari colpito a morte dall’esercito papalino

Una provocazione storica

Nel dibattito attorno al ruolo politico della Chiesa, due eventi simbolici emergono come veri e propri snodi di rottura tra sacro e potere temporale: la politica anticlericale napoleonica e la presa di Porta Pia (20 settembre 1870), che segnò la fine dello Stato Pontificio e l’ingresso di Roma nel Regno d’Italia.

Entrambi questi momenti mettono in discussione la legittimità storica del papa come sovrano, e ci pongono di fronte a una domanda provocatoria, ma non oziosa:

“E se avesse vinto Napoleone? E se Porta Pia avesse davvero segnato la fine politica del papato, senza alcun recupero?”

Napoleone: il despota che fece prigioniero un papa

Quest’incisione del XIX secolo mostra la firma del concordato del 15 luglio 1801 tra Napoleone e il papa Foto- Iberfoto : Photoaisa

Nel 1809, Napoleone Bonaparte fece arrestare Papa Pio VII e lo tenne prigioniero per quasi cinque anni. Il papa aveva rifiutato di sottomettersi alle richieste dell’imperatore, che voleva il controllo sulle nomine vescovili e sulle terre della Chiesa. Paradossalmente, lo stesso Napoleone che aveva restaurato formalmente il culto cattolico in Francia con il Concordato del 1801, fu anche il peggior nemico del potere temporale pontificio.

“I papi sono inutili come principi. La religione può vivere senza sovrani vestiti di bianco.” (attribuito a Napoleone, 1810)

L’idea di una religione cattolica libera, ma depotenziata politicamente, sembrava allora più che mai realizzabile. Ma l’impero napoleonico crollò. Il papa rientrò a Roma e lo Stato Pontificio fu restaurato nel 1815 con il Congresso di Vienna. La teocrazia aveva vinto un’altra volta.

Vescovi e rivolte dopo la Peste Nera

La situazione socio-economica nelle campagne europee dopo la Peste Nera e le rivolte contadine

Nel cuore del Trecento, l’Europa fu travolta da un evento epocale: la Peste Nera del 1347–1350. In pochi anni, morì circa un terzo della popolazione europea. Se non fu l’unica causa della crisi sociale e religiosa del tardo Medioevo, ne accelerò gli effetti e ne accentuò le fratture.

Le campagne si spopolarono. I contadini sopravvissuti iniziarono a rifiutare i vincoli feudali, pretendendo salari più alti e condizioni meno oppressive. Esplosero rivolte in tutta Europa: in Inghilterra (1381), in Francia (1358), anche in Italia. Tra le figure più colpite da questa trasformazione c’erano i vescovi e le abbazie, che erano grandi proprietari terrieri e percettori di decime.

La Chiesa, in quel contesto, veniva vista più come signore feudale che come guida spirituale.

Il clero stesso fu duramente colpito: molti preti morirono, il livello della formazione religiosa crollò, e la distanza tra popolo e gerarchia ecclesiastica si fece profonda. In questo clima di disorientamento, cominciarono a emergere eresie, movimenti di protesta e spiritualità alternative, anticipando le tensioni che nei secoli successivi avrebbero portato alla crisi dell’autorità papale.

Porta Pia: il colpo finale (o quasi)

Sessant’anni dopo, nel 1870, l’esercito italiano aprì una breccia nelle mura romane: era la fine dello Stato Pontificio, ma non della sua influenza. Papa Pio IX, rifugiatosi in Vaticano, si autodefinì “prigioniero”, rifiutando ogni compromesso con il nuovo Stato laico. In risposta, i fedeli cattolici vennero invitati a non partecipare alla vita politica italiana: “Non expedit”, scrisse la Curia.

Eppure, anziché scomparire, il papato acquisì nuova forza proprio nel momento in cui perse il potere militare e territoriale. Il Vaticano divenne un centro simbolico, morale, dottrinale — più simile a un’autorità universale che a un principato feudale. Quando nel 1929 Mussolini firmò i Patti Lateranensi, restituì al papa uno Stato, ma anche una centralità nella vita politica e spirituale italiana e mondiale.

“E se avesse vinto?”

Immaginare un mondo in cui Napoleone avesse smantellato per sempre il potere temporale del papa, o in cui la breccia di Porta Pia avesse segnato la piena laicizzazione della Chiesa, porta con sé uno scenario suggestivo:
Una Chiesa senza terra né palazzi, liberata dalle zavorre della diplomazia, della burocrazia e del potere, e forse più vicina all’essenza evangelica delle origini.

Ma è lecito chiedersi: senza potere, la Chiesa avrebbe avuto voce? Senza Stato, avrebbe avuto forza?

Nel gioco della storia, il paradosso si ripete: la perdita del potere ha restituito al papato autorevolezza morale, eppure quella stessa autorevolezza viene costantemente erosa dalle contraddizioni interne che il potere ha generato nei secoli.

Epilogo dell’inciso

Napoleone non vinse. E neppure l’Italia liberale vinse davvero: il papato sopravvisse, si adattò, e oggi continua a esercitare un’influenza globale ben oltre i confini di Roma. Ma l’interrogativo resta come un esercizio critico necessario:

Se il papa non fosse più un principe, ma solo un servo del Vangelo, sarebbe meno credibile o finalmente coerente?

Conclusione: un papato tra santità e fallibilità

Il Novecento ha mostrato tutte le fragilità e le possibilità del papato moderno. Da figura remota e sacrale, il papa è diventato uomo tra gli uomini, sotto i riflettori del mondo, oggetto di ammirazione ma anche di giudizio. Le grandi figure del secolo (Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) hanno lasciato un’eredità complessa: tra aperture necessarie e resistenze dottrinali, tra gesti profetici e crisi gestite con ambiguità.

“La Chiesa è madre e maestra. Ma non è immune dalle ferite della storia.” (Carlo Maria Martini)

Analisi finale: il potere che salva o che corrompe?

Ripercorrere la storia del papato significa scrivere una storia dell’Occidente, ma anche una storia del conflitto tra ideale e compromesso. Il pontefice nasce come guida spirituale di una comunità perseguitata, ma diventa ben presto figura di potere, legislatore, sovrano, giudice, persino stratega militare. In alcuni casi si presenta come riformatore, profeta, pastore; in altri come monarca, censore, burocrate.

Il papato ha attraversato epoche storiche diversissime: impero, Medioevo feudale, Rinascimento fastoso, rivoluzioni moderne, totalitarismi novecenteschi, fino al tempo presente, segnato dalla globalizzazione, dalla secolarizzazione e dalla crisi di credibilità. In ogni fase, ha cercato di conservare la propria centralità, adattandosi, talvolta arretrando, spesso reinventandosi.

Ma la tensione di fondo resta:

può un’istituzione spirituale vivere a lungo immersa nel potere senza perderne il senso?

È possibile rappresentare l’umiltà di Cristo nella struttura di una monarchia assoluta?

Le grandi figure papali non sono mai state solo gestori: hanno incarnato visioni — talvolta spirituali, talvolta politiche, talvolta entrambe — che hanno modellato la cultura europea e le coscienze collettive. E tuttavia, ogni ascesa spirituale è stata accompagnata da una caduta morale, ogni grande riforma da una fase di stasi o di oscurità.

Il papato, insomma, non è né tutto santo né tutto corrotto: è una forma di potere che ha cercato, non sempre riuscendoci, di convivere con un messaggio rivoluzionario.

Commento personale dell’autore

Osservare da lontano la storia del papato suscita sentimenti contraddittori. Da un lato ammirazione per la resistenza, la capacità di attraversare i secoli, di sopravvivere a imperi, rivoluzioni e crisi. Dall’altro, stupore (e talvolta amarezza) nel constatare quanto spesso la logica della conservazione abbia prevalso su quella del Vangelo.

La figura del papa è carica di simboli: è uomo e istituzione, guida e garante, maestro e padre, ma anche capo di Stato, politico, comunicatore. Questa molteplicità la rende affascinante ma anche ambigua. Eppure, nella sua ambiguità, il papato continua a parlare al mondo, anche quando il linguaggio della fede sembra diventato straniero a molti.

Non si tratta di giudicare, ma di comprendere: capire come un messaggio di radicale amore e umiltà sia stato trasmesso, difeso, distorto e rinnovato da uomini imperfetti, in tempi difficili, con strumenti spesso inadeguati. Questo saggio non vuole emettere sentenze, ma offrire una chiave di lettura critica, storica, lucida. Perché solo chi conosce la storia può comprendere la portata delle sue eredità — e decidere, con consapevolezza, cosa farsene.

Riccardo Alberto Quattrini

Se nella prima parte abbiamo visto i papi muoversi inizialmente nell’ombra del potere secolare, legittimandolo o cercando di contenerlo, è ora che la prospettiva si ribalti: comincia l’epoca in cui non sono più i papi a inseguire il potere, ma il potere a passare per Roma. Da consiglieri dell’Impero a protagonisti assoluti del gioco politico, i pontefici entrano a pieno titolo nella grande partita della storia

La Prima Parte del saggio:

 

 

Bibliografia critica essenziale

Studi storici e teologici:

  • Peter Brown, Il corpo e la società. Donne, ascesi e controllo sociale nei primi cristiani, Einaudi

  • Eamon Duffy, I papi. Storia e segreti, Mondadori

  • Hans Küng, Il papato, Fazi

  • Paolo Prodi, Il sacramento del potere, Il Mulino

  • Giancarlo Zizola, I papi del nostro tempo, Laterza

Riferimenti critici e biografici:

  • John Cornwell, Il papa di Hitler, Rizzoli

  • Jacques Le Goff, Lo straordinario e il quotidiano nell’Occidente medievale, Laterza

  • Massimo Faggioli, Francesco e la Chiesa in uscita, Queriniana

  • Barbara Frale, I papi e la massoneria, Il Mulino

  • Luigi Accattoli, Quando il papa chiede perdono, Mondadori

Fonti primarie e testi ufficiali:

  • Atti del Concilio Vaticano II, Libreria Editrice Vaticana

  • Encicliche di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco

  • Catechismo della Chiesa Cattolica, edizione ufficiale

 

 

 

 

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