Transnistria. La riva sinistra del Nistro
TRANSNISTRIA. PUNTO DI NON RITORNO
Transnistria. La riva sinistra del Nistro. Una Repubblica indipendente, ma riconosciuta soltanto dall’Ossetia e dalla Abcazia.
Sembrerà, ai più, di trovarsi in uno di quegli staterelli balcanici da operetta, tipo il Pontevedro de “La vedova allegra” di Franz Lehar.
E che mai ci si può aspettare da uno staterello di nemmeno mezzo milione di abitanti? Che venga fuori il Principe Danilo, intonando “È scabroso le donne studiar…”.
E invece…
E invece la Transnistria rischia di diventare, a brevissimo termine, il detonatore di un nuovo conflitto nel cuore dell’Europa. Trascinando NATO e Federazione Russa sempre più vicine allo scontro diretto.
Il nocciolo del problema, risale al crollo dell’URSS. Che, nella sua geografia interna, considerava la Transnistria parte della Repubblica Socialista di Moldova. Benché in questa provincia la maggioranza della popolazione fosse russa.
Al crollo del sistema sovietico, accadde qui quello che abbiamo visto anche in Ucraina. E in molte Repubbliche sorte dalle ceneri dell’Impero dei Soviet.
La Transnistria si dichiarò indipendente, non accettando più di essere considerata parte della Moldova. Dove, per altro, si è andato progressivamente affermando un “nazionalismo rumeno”, che ambisce all’unificazione con Bucarest.
È il destino di tutti gli imperi sovranazionali. Quando implodono, lo spazio geopolitico viene frammentato, e occupato da nazionalismi tribali. Etnici e, quasi sempre, brutalmente xenofobi.
E questo, nel caso delle Repubbliche ex URSS è stato accentuato dal sostegno a questi nazionalismi tribali da parte di potenze esterne. E di potentati finanziari.
Esemplare il caso dell’Estonia. Dove vige un autentico regine di apartheid nei confronti dei “non estoni”. Regime che emargina una fetta consistente dei cittadini, privandoli quasi di ogni diritto. Problema segnalato e condannato dall’ONU e da varie organizzazioni internazionali. Eppure l’Estonia fa parte di NATO e UE.
Facciamoci qualche domanda…
Attualmente la Transnistria vive in una dimensione sospesa. Indipendente de facto, ma, de jure, ancora provincia della Moldova. E vive, soprattutto, una tregua, successiva alla “guerra” civile con la Moldova negli anni ’90. Tregua di cui sono garanti le truppe russe, massicciamente presenti nel territorio.
Mosca, però, sino ad ora, non ha mai forzato la mano. Non si è annessa la provincia, e anche sul piano diplomatico ha preferito fingere che non fosse proprio una secessione dalla Moldova.
Ora, però, il quadro è decisamente cambiato. A Kishnau governano dei nazionalisti rumeni. Che vogliono non solo la rottura con la Russia, ma anche portare il paese nella NATO. E, in prospettiva, all’unificazione con Bucarest.
E la Transnistria ha, ovviamente, risposto chiedendo l’annessione alla Madre Patria Russia.
Putin ha detto ufficialmente che darà a breve una risposta.
È evidente, però, che questa non potrà che essere positiva.
Se la Moldova diventa NATO, la Transnistria diventa Russia.
Sono le regole del domino geopolitico.
Dopo la questione del Donbass, ora quella della Transnistria. La voracità della NATO che cerca di estendersi nelle ex repubbliche sovietiche – Ucraina, Moldova – sta provocando una serie di reazioni a catena. Che, prima o poi, sfoceranno nel conflitto diretto tra Washington e Mosca.
Resta solo da capire quando e dove verrà passato il punto di non ritorno. Potrebbe essere proprio questa, piccola, repubblica balcanica. La Transnistria.