”Agatha Christie non andò mai a scuola, eppure è diventata la più grande scrittrice di gialli di tutti i tempi.
Nata il 15 settembre 1891 a Torquay (Gran Bretagna), figlia minore del matrimonio di Fred Miller (Miller è il suo vero cognome) e Clara Boehmer. Da bambina aveva un carattere timido e ritirato, e rifiutava le sue bambole per giocare con amici immaginari. Suo padre, che viveva affittando appartamenti, passava la giornata a giocare a carte e morì quando lei aveva 11 anni, lasciando la moglie e i figli in bancarotta Agatha crebbe dunque in una famiglia borghese e non avendo frequentato alcuna scuola, viene istruita dalla madre, Clara Boehmer, donna della buona società e nonché dalla nonna e dalle governanti di casa. Tornata da Parigi dopo aver tentato gli studi per diventare una cantante lirica, conosce Archibald Christie, colonnello della Royal Flying Corps, con cui si fidanza.
Nel 1920 le venne l’idea, lavorando in un ospedale, come assistente nel dispensario, a contatto con i veleni, per il suo primo romanzo giallo che vedeva come protagonista l’investigatore belga Hercule Poirot, “Poirot a Styles Court”. Attraverso le avventure di quest’ultimo e dell’arzilla vecchietta Miss Marple fece la storia del genere “giallo/poliziesco”, influenzando generazioni di scrittori. Si misurò anche con il “romanzo rosa” pubblicando sei opere sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott. Ricordata per capolavori assoluti come Assassinio sull’Orient Express e “Dieci piccoli indiani”, è, dopo Shakespeare, la scrittrice inglese più tradotta di sempre e i suoi romanzi hanno ispirato numerose versioni cinematografiche.
Ecco a voi Hercule Poirot.
Doveva essere un ispettore per avere una buona conoscenza del crimine. Doveva essere anche meticoloso e molto ordinato, decisi, mentre mi affaccendavo a raccogliere una serie di oggetti che avevo seminato nella mia stanza. Un omino preciso, con la mania dell’ordine, della simmetria, e una netta propensione per le forme quadrate piuttosto che per quelle tonde. E poi molto intelligente, con il cervello pieno di piccole cellule di materia grigia… ah, che bella frase, non dovevo dimenticarla. Bisognava anche che avesse un nome importante, un nome che non sarebbe sfigurato nella famiglia Holmes. Già, perché loro quanto a nomi… Come si chiamava il fratello di Sherlock? Mycroft, nientemeno. E se l’avessi chiamato Hercules? Hercules mi parve un ottimo nome per un omino così. Trovargli un cognome era più difficile. Non so assolutamente perché scelsi Poirot, se fu una folgorazione o se lo lessi su qualche giornale. Comunque mi parve buono, anche se non si legava bene con Hercules. E se fosse stato Hercule? Hercule Poirot… perfetto, grazie a Dio, era fatta.
Agatha Christie.
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Triangolo a Rodi, titolo originale: Triangle at Rhodes. Pubblicato per la prima volta su «This Week» il 2 febbraio 1936 negli Stati Uniti, poi, con il titolo Poirot and the Triangle at Rhodes, su «The Strand» nel maggio 1936 in Inghilterra.Traduzione di Grazia Maria Griffini.
Trama.
Neppure quando è in vacanza, a Poirot è dato riposarsi in santa pace. In un modo o nell’altro, rimane sempre “invischiato” in qualche misterioso caso di omicidio. Questa volta, sullo sfondo splendido e luminoso del paesaggio di Rodi, il nostro belga è alle prese con quello che sembra uno dei cliché più triti della commedia borghese: il triangolo amoroso. Lui, lei, l’altro. L’altro vuole uccidere lui per avere lei. Ma “sbaglia la mira”… e uccide lei! Semplice, no? Beh, niente affatto. Ricordatevi: metodo e… non lasciatevi ingannare dalle apparenze!
Triangolo a Rodi
Hercule Poirot sedeva sulla sabbia bianca e il suo sguardo vagava sulla smagliante superficie azzurra dell’acqua. Era vestito con eleganza puntigliosa, quasi eccessiva: abito di flanella di taglio sportivo e un panama a tesa larga che gli riparava la testa. Apparteneva alla generazione di quelli che credevano nella necessità di proteggersi con cura dai raggi solari. La signorina Pamela Lyall, che gli sedeva accanto e parlava senza sosta, rappresentava invece la moderna scuola di pensiero: indossava il minimo indispensabile sul corpo abbronzato.
Di tanto in tanto, il torrente di parole si interrompeva mentre lei riprendeva a spalmarsi sul corpo un liquido oleoso versandolo da un flaconcino che era appoggiato al suo fianco.
La migliore amica di Pamela Lyall, Sarah Blake, stava sdraiata su un’asciugamani a righe dai colori vivaci. L’abbronzatura della signorina Blake era assolutamente perfetta e l’amica più di una volta le aveva lanciato occhiate d’invidia.
«Sono ancora tutta chiazze» mormorò in tono dispiaciuto. «Monsieur Poirot… vi dispiacerebbe? Proprio sotto la scapola destra… non riesco a spalmarlo bene da sola.»
Poirot le fece il favore, quindi si asciugò con cura nel fazzoletto le mani unte. Pamela Lyall, il cui interesse principale nella vita era l’osservazione della gente che la circondava, essendo anche innamorata del suono della propria voce riprese a parlare: «Avevo ragione su quella donna… quella vestita con l’abito Chanel: è proprio Valentine Dacres-Chantry. Sapevo che era lei. L’ho riconosciuta subito. È favolosa, vero? Voglio dire, capisco che la gente impazzisca per lei. Chiaramente lei si aspetta che lo facciano! E questo è il sistema migliore per avere successo. Le altre persone che sono arrivate ieri sera si chiamano Gold. Lui è un uomo tremendamente bello».
«Sono in viaggio di nozze?» mormorò Sarah con voce soffocata.
Pamela Lyall scosse il capo con espressione esperta.
«Oh, no, gli abiti di lei non sono abbastanza nuovi! Le sposine in luna di miele si riconoscono subito. Non trovate che sia la cosa più affascinante del mondo osservare la gente, monsieur Poirot, e vedere quello che si riesce a scoprire, limitandosi soltanto a guardare?»
«Non soltanto a guardare, tesoro» disse con dolcezza Sarah. «Tu fai anche un mucchio di domande.»
«Non ho nemmeno parlato con i Gold, finora» ribatté Pamela in tono piccato. «E comunque non capisco perché non ci si debba interessare al proprio prossimo. La natura umana è semplicemente affascinante. Non lo pensate anche voi, monsieur Poirot?»
Stavolta stette zitta un tempo sufficiente per consentire al suo interlocutore di rispondere.
Senza distogliere gli occhi dall’acqua azzurra, Poirot rispose: «Ça dépend».
Pamela era scossa.
«Oh, monsieur Poirot, non penso che ci sia niente di tanto interessante… di tanto imprevedibile quanto un essere umano.»
«Imprevedibile? Questo no.»
«Ma certo, invece. Proprio quando uno pensa di averli ben sistemati entro la loro casella… ecco chefanno qualcosa di totalmente inatteso.»
Hercule Poirot scosse la testa.
«No, no, questo non è vero. È rarissimo che una persona compia un’azione che non rientridans son caractère. Diventa persino monotono, alla fine.»
«Non sono affatto d’accordo con voi» ribatté Pamela Lyall.
Tacque per un intero minuto e mezzo prima di tornare all’attacco.
«Non appena vedo le persone comincio a pormi domande su di loro: che tipi sono, in che rapporti sono le une con le altre, che cosa pensano, che cosa provano. È… oh, è davvero eccitante!»
«Questo non lo direi proprio!» ribatté Hercule Poirot. «La natura umana si ripete più di quanto ci immaginiamo. Il mare» soggiunse pensosamente «è infinitamente più vario.»
Sarah girò il capo di lato e chiese: «Voi pensate che gli esseri umani tendano a riprodurre certi schemi?».
«Précisement» disse Poirot e tracciò un disegno sulla sabbia con il dito.
«Che cosa rappresenta quel vostro disegno?» chiese Pamela con curiosità.
«Un triangolo» rispose Poirot.
Ma l’attenzione di Pamela adesso era stata attratta da qualcos’altro.
«Ecco gli Chantry» disse.
Una donna stava arrivando lungo la spiaggia: era alta, perfettamente consapevole di sé e del proprio corpo. Fece un lieve cenno con il capo e un sorriso, quindi sedette a una certa distanza sulla sabbia. La vestaglietta di seta rosso scarlatto e oro le scivolò giù dalle spalle. Indossava un costume bianco.
Pamela sospirò.
«Non ha un corpo delizioso?»
Ma Poirot guardava il viso della donna: il volto di una trentanovenne, famoso per la sua bellezza sin da quando lei aveva sedici anni.
Poirot sapeva tutto, come del resto tutti sapevano tutto, di Valentine Chantry. Era famosa, famosa per i suoi capricci, per la sua ricchezza, per gli enormi occhi color zaffiro, per le sue avventure coniugali e sentimentali. Aveva avuto cinque mariti e una quantità innumerevole di amanti. Era stata, nell’ordine, moglie di un conte italiano, di un magnate americano dell’acciaio, di un giocatore di tennis e di un corridore automobilistico. L’americano era morto, ma gli altri erano stati via via abbandonati con indifferenza nelle varie aule dei tribunali con una sentenza di divorzio. Sei mesi prima si era sposata per la quinta volta con un comandante di Marina.
Era lui che camminava dietro di lei sulla spiaggia, in quel momento. Silenzioso, bruno, con una mascella prominente e modi cupi. C’era in lui qualcosa di primitivo.
Lei disse: «Tony… tesoro, il mio portasigarette!».
Il marito lo aveva già pronto; le accese la sigaretta e la aiutò a sfilare le bretelline del costume dalle spalle, poi lei si distese a braccia aperte sulla sabbia, al sole. Lui le sedeva accanto, come una sorta di animale selvatico che cura la propria preda.
Pamela disse, con voce sufficientemente bassa da non essere sentita: «Sapete, mi interessano terribilmente quei due. Lui è proprio il tipico bruto! Così taciturno e torvo. Probabilmente è il genere che piace a una donna come lei. Dev’essere come domare una tigre! Mi chiedo quanto durerà. Lei si stanca subito degli uomini, penso, soprattutto adesso. Tuttavia, se tentasse di liberarsi di lui, credo che potrebbe essere un uomo pericoloso».
Un’altra coppia arrivò sulla spiaggia, piuttosto timidamente. Erano i nuovi arrivati: il signore e la signora Gold. La signorina Lyall lo aveva appreso dopo aver dato un’occhiata al registro dell’albergo. Sapeva anche i nomi di battesimo e l’età, che erano stati trascritti dai loro passaporti perché quello era il regolamento vigente in Italia.
Il signor Douglas Cameron Gold aveva trentun anni e la signora Marjorie Emma Gold ne aveva trentacinque.
Come ho già detto, nella sua vita Pamela Lyall aveva un hobby: studiare gli esseri umani. A differenza della maggioranza degli inglesi, riusciva a parlare con gli estranei di primo acchito, invece di lasciar passare dai quattro giorni a una settimana prima di avviare qualche cauto approccio. Quindi, osservando la lieve esitazione e la timidezza della signora Gold, disse: «Salve! Non è una mattinata deliziosa?».
La signora Gold era una donna minuta… faceva pensare a un topo. Non era brutta, anzi, aveva lineamenti regolari e una bella pelle, ma c’era in lei un’espressione di diffidenza e una trasandatezza che la facevano passare inosservata. Suo marito, invece, era bello in modo quasi teatrale. Molto biondo, con capelli ricci e corti, occhi azzurri, spalle larghe, fianchi stretti. Sembrava un giovane attore più che un uomo della vita reale ma, nel momento in cui apriva bocca, quell’impressione svaniva subito. Era spontaneo e privo di affettazione, forse perfino un po’ ottuso.
La signora Gold guardò con riconoscenza Pamela e sedette al suo fianco.
«Che deliziosa abbronzatura avete! Io mi sento terribilmente pallida!»
«È dura ottenere un’abbronzatura uniforme» disse la signorina Lyall sospirando. Tacque per un momento, poi soggiunse: «Siete appena arrivati, vero?».
«Sì. Ieri sera. Siamo arrivati con il Vapo d’Italia.»
«Mai stati a Rodi prima?»
«No, è delizioso, vero?»I
l marito disse: «Peccato che ci si metta così tanto per arrivarci».
«Sì, se almeno fosse più vicino all’Inghilterra…»
Con voce smorzata Sarah disse: «Sì, ma in questo caso sarebbe terribile. File e file di persone stese qui come pesce sui banchi di vendita… Corpi ovunque!».
«Certo, è vero!» rispose Douglas Gold. «È un guaio che il cambio italiano sia un disastro attualmente.»
«Appesantisce la situazione, vero?»
La conversazione si svolgeva secondo schemi ordinari: non la si sarebbe potuta definire brillante.
Poco più in là, Valentine Chantry si mosse e si mise seduta. Con una mano teneva il corpetto del costume fermo sul seno.
Sbadigliò, uno sbadiglio largo e tuttavia felino e delicato. Lanciò un’occhiata distratta alla spiaggia. Posò fugacemente lo sguardo su Marjorie Gold e poi i suoi occhi rimasero pensosamente fissi sulla riccia testa bionda di Douglas Gold.
Mosse le spalle con gesto sinuoso. Quando parlò, la voce si levò un po’ più alta di quanto sarebbe stato necessario.
«Tony, tesoro, non è divino… questo sole? Io devo senz’altro essere stata un’adoratrice del sole, un tempo… non lo pensi?»
Il marito borbottò qualcosa, che non giunse alle orecchie degli altri. Valentine proseguì con quella sua voce alta e cantilenante: «Ti spiace stendere un po’ l’asciugamani, tesoro?».
Si distese di nuovo con infinita cura. Ora Douglas Gold la stava guardando con occhi decisamente interessati.
La signora Gold cinguettò gioiosa sottovoce, rivolta a Pamela Lyall: «Che bella donna!».
Pamela, felice di dare quanto di ricevere informazioni, rispose con voce ancora più sommessa: «Quella è Valentine Chantry, sapete, che prima era Valentine Dacres… è favolosa, eh? Lui è pazzo di lei… non la perde di vista un secondo».
La signora Gold diede un’altra occhiata alla spiaggia, poi disse: «Il mare è davvero delizioso… così azzurro. Non credi che faremmo bene a buttarci, Douglas?».
Lui stava ancora osservando Valentine Chantry e ci mise qualche attimo prima di rispondere. Quindi disse, distrattamente: «Buttarci? Oh, sì, magari tra un minuto».
Marjorie Gold si alzò e si avviò lentamente verso la riva.
Valentine Chantry si girò su un fianco. Fissava Douglas Gold. La bocca vermiglia si schiuse in un leggero sorriso.
Il collo del signor Douglas Gold si colorò leggermente.
Valentine Chantry disse: «Tony… tesoro, ti spiacerebbe? Vorrei un barattolino di crema per il viso… è sulla toilette. Volevo portarlo con me. Vai a prendermelo? Sei un angelo».
Il comandante si alzò obbediente e si allontanò verso l’albergo con passo deciso.
Marjorie Gold si tuffò in acqua chiamando il marito.
«È delizioso, Douglas. Così caldo! Vieni, su!»
Pamela Lyall gli chiese: «Non andate?».
Lui rispose in tono vago: «Oh, mi piace scaldarmi bene, prima».
Valentine Chantry si mosse. Sollevò la testa per un momento, come se volesse richiamare il marito… ma lui stava già oltrepassando il muro del giardino dell’albergo.
«Mi piace fare il bagno all’ora più calda» spiegò il signor Gold.
La signora Chantry si mise di nuovo seduta e prese un flacone di olio solare. Aveva qualche difficoltà a svitare il tappo… che sembrava resistere ai suoi sforzi.
Parlò a voce alta, in tono petulante.
«Oh, santo cielo… Non riesco a svitare questo coso!»
Si voltò verso il gruppo poco distante: «Mi chiedevo se…».
Sempre galante, Poirot si alzò subito, ma Douglas Gold aveva il vantaggio dell’età e della maggiore agilità. Le fu accanto in un batter d’occhio.
«Posso aiutarvi?»
«Oh, grazie…» di nuovo quel tono di voce vuoto e quel modo di parlare strascicato. «Siete davvero gentile. Io sono proprio un’inetta quando devo svitare qualcosa… giro sempre dalla parte opposta. Oh, ce l’avete fatta! Mille grazie…»
Hercule Poirot sorrise tra sé. Prese a camminare lungo la spiaggia nella direzione opposta. Non andò molto lontano perché procedeva con calma. Quando tornò indietro la signora Gold stava uscendo dall’acqua e lo raggiunse. Aveva nuotato e il suo volto, sotto la cuffia che non donava affatto ai suoi lineamenti, era radioso.
Disse, con il fiato mozzo: «Adoro il mare. E qui fa così caldo ed è tanto bello!».
Poirot intuì che doveva essere un’amante del nuoto.
Lei continuò: «Douglas e io andiamo matti per il nuoto. Lui è capace di restare in acqua per ore».
A quelle parole, lo sguardo di Poirot passò oltre le spalle di lei, verso la spiaggia dove quel nuotatore entusiasta stava seduto a chiacchierare con Valentine Chantry.
La moglie disse: «Non riesco a capire perché non viene…».
Nella voce c’era una sorta di stupore infantile.
Gli occhi di Poirot si posarono pensosi su Valentine Chantry. Si disse che altre donne, a loro volta, dovevano aver fatto la medesima osservazione.
Al suo fianco udì la signora Gold tirare bruscamente il fiato.
Disse con voce fredda: «Credo che sia considerata molto attraente. Ma a Douglas non piace quel tipo di donna».
Hercule Poirot non rispose.
La signora Gold corse di nuovo in acqua.
Si allontanò dalla riva a bracciate lente e regolari. Si capiva che si trovava a suo agio nell’acqua.
Poirot si riavvicinò al gruppo sulla spiaggia, che si era allargato con l’arrivo del vecchio generale Barnes, un uomo anziano che quasi sempre preferiva la compagnia dei giovani. Ora sedeva tra Pamela e Sarah ed era intento a fornire, con l’aiuto di Pamela, notizie sui vari scandali del momento con i dovuti abbellimenti.
Il comandante Chantry era tornato. Lui e Douglas Gold sedevano a fianco di Valentine, uno per lato.
Valentine sedeva eretta tra i due e parlava. Parlava con leggerezza e fluidità, nel suo tono strascicato e dolce, girando il capo per includere nella conversazione ora l’uno ora l’altro.
Stava concludendo un aneddoto.
«… e che cosa credete che abbia detto quello sciocco? “Potrebbe essersi trattato soltanto di un minuto, ma mi ricorderei di voi ovunque, signora!” Vero, Tony? E sapete, io l’ho trovato così dolce da parte sua. Io penso che il mondo sia così gentile… Voglio dire, tutti sono così terribilmente cari con me, sempre… non so perché, ma lo sono. Però ho detto a Tony… ricordi, tesoro…? “Se vuoi essere un pochino geloso, puoi esserlo di quel fattorino.” Perché era davvero adorabile…»
Vi fu un attimo di silenzio, poi Douglas Gold disse: «Sono brave persone… alcuni di loro».
«Oh, sì, si è dato tanto da fare… davvero un enorme da fare… e sembrava semplicemente felice di potermi aiutare.»
Douglas Gold disse: «Non c’è niente di strano in questo. Chiunque lo farebbe per voi, ne sono sicuro».
Lei esclamò, estasiata: «Che gentile… Tony, hai sentito?».
Il comandante Chantry grugnì.
Sua moglie sospirò: «Tony non fa mai discorsi carini… vero, agnellino mio?».
La mano affusolata dalle lunghe unghie rosse gli arruffò i capelli neri.
Lui le lanciò all’improvviso una lunga occhiata di sbieco. Valentine Chantry mormorò: «Non so davvero come fa a resistere con me. È semplicemente di un’intelligenza incredibile… assolutamente tutto cervello, e io continuo a dire stupidaggini tutto il tempo, ma non sembra che a lui importi. Nessuno bada a quello che faccio o dico… tutti mi viziano. Sono sicura che per me non è affatto un bene».
Il comandante Chantry chiese a Gold: «La signora in acqua è vostra moglie?».
«Sì. Penso sia ora che la raggiunga.»
Valentine mormorò: «Ma è così delizioso qui al sole. Non dovete ancora entrare in acqua! Tony, tesoro, non credo che io farò il bagno… non il primo giorno di mare. Potrei prendermi un raffreddore o qualcosa del genere. Ma perché non ci vai subito tu, Tony? Il signor Gold resterà qui a tenermi compagnia».
Chantry disse in tono piuttosto cupo: «No, grazie, non vado per adesso. Vostra moglie, se non sbaglio, vi sta facendo cenno, Gold».
Valentine disse: «Come nuota bene vostra moglie. Sono sicura che è una di quelle donne terribilmente efficienti che fanno tutto bene. Mi spaventano sempre perché ho l’impressione che mi disprezzino. Io sono così negata per qualsiasi cosa… proprio inetta, vero, Tony, tesoro?».
Ma nuovamente il comandante Chantry si limitò a grugnire.
Sua moglie mormorò in tono affettuoso: «Sei troppo caro per ammetterlo. Gli uomini sono così meravigliosamente leali… è questo che mi piace in loro. Io trovo che gli uomini siano molto più leali delle donne… e non dicono mai cose cattive. Secondo me, le donne sono piuttosto meschine».
Sarah Blake si girò su un fianco verso Poirot.
Mormorò tra i denti: «E tutto questo per suggerire che la cara signora Chantry non è in alcun modo la perfezione assoluta! Quella donna è una completa idiota! Davvero, secondo me, Valentine Chantry è quasi sicuramente la donna più idiota che abbia mai conosciuto. Non riesce a fare altro che dire: “Tony, tesoro” e a strabuzzare gli occhi. Penso quasi che abbia della bambagia al posto del cervello».
Poirot inarcò espressivamente le sopracciglia.
«Un peu sévère?»
«Oh, sì. Se preferite, definiamola una “gatta”. Certo ha i suoi metodi! Non può lasciare nessun uomo in pace? Suo marito ha un’aria burrascosa.»
Guardando il mare, Poirot commentò: «La signora Gold nuota bene».
«Sì, non è come noi, che ci spaventiamo all’idea di bagnarci. Mi domando se la signora Chantry entrerà mai in acqua durante il suo soggiorno qui.»
«Proprio no» si intromise il generale Barnes con voce roca. «Non rischierà di sciogliersi tutto quel trucco. Con questo, non voglio dire che non è una bella donna, anche se forse ha i denti un po’ troppo lunghi per i miei gusti.»
«Guarda dalla vostra parte, generale» disse con cattiveria Sarah. «E vi sbagliate per quanto riguarda il trucco. Oggi siamo tutte a prova di baci e d’acqua.»
«La signora Gold sta tornando a riva» disse Pamela.
«Ecco che veniamo a raccogliere le noci e il maggio» canticchiò Sarah. Ecco che arriva la moglie a portarselo via, a portarselo via…»
La signora Gold raggiunse la spiaggia con passo deciso. Aveva un corpicino grazioso, ma la cuffia era troppo aderente e non le donava.
«Non vieni in acqua, Douglas?» chiese con impazienza. «Il mare è bellissimo e caldo.»
«Certo.»
Douglas Gold si alzò in piedi subito. Rimase fermo per un attimo e, in quel breve momento, Valentine Chantry alzò gli occhi a fissarlo, con un sorriso dolcissimo.
«Au revoir» gli disse.
Gold e la moglie si allontanarono lungo la spiaggia.
Appena non furono più a portata d’orecchio Pamela disse, in tono critico: «Sapete, non credo che sia stato saggio. Strappare il proprio marito a un’altra donna è sempre un cattivo sistema. Ti fa apparire così possessiva! E i mariti odiano la possessività delle mogli».
«Sembra che sappiate molte cose sui mariti, signorina Pamela» disse il generale Barnes.
«Quelli delle altre, non i miei.»
«Ah, qui sta la differenza.»
«Sì, generale, ma ho imparato un mucchio di cose che non si devono fare.»
«Be’, mia cara,» intervenne Sarah «per prima cosa non porterei una cuffia come quella…»
«A me sembra che abbia molto buonsenso» disse il generale. «Mi sembra nel complesso una donnina graziosa e sensata.»
«Avete colpito nel segno, generale» disse Sarah. «Ma sapete che c’è un limite al buonsenso delle donne sensate? Ho l’impressione che lo sarà un po’ meno, considerando che c’è di mezzo Valentine Chantry.» Girò la testa ed esclamò in un bisbiglio eccitato: «Guardatelo adesso. È furente. Quell’uomo deve avere un carattere spaventoso…».
In effetti, il comandante Chantry guardava, con un’espressione cupa e imbronciata in modo singolarmente sgradevole, in direzione dei coniugi Gold, che si erano allontanati.
Sarah alzò il viso, guardando Poirot.
«Be’, cosa ne pensate di tutto questo?» gli chiese.
Hercule Poirot non rispose a parole, ma con il dito tracciò nuovamente un disegno nella sabbia. Lo stesso disegno: un triangolo. “L’eterno triangolo!” mormorò Sarah pensosa. «Forse avete ragione. In tal caso, ci aspettano giorni eccitanti.»
Hercule Poirot era deluso da Rodi. Era andato lì per riposarsi e per fare una vacanza. Una vacanza, soprattutto, dal crimine. Gli era stato detto che, verso la fine di ottobre, Rodi sarebbe stata quasi deserta. Un luogo tranquillo e isolato.
Il che, di per sé, era abbastanza vero. Gli Chantry, i Gold, Pamela e Sarah, il generale e lui, e due coppie di italiani erano gli unici ospiti dell’albergo. Ma, nei limiti di quella ristretta cerchia, l’intelligente cervello di Poirot vedeva i futuri eventi prendere inevitabilmente forma.
“Il fatto è che io ho una mente impostata sul crimine!” si diceva, rimproverandosi. “Ho fatto indigestione! Immagino delle cose.”
Ma continuava a preoccuparsi.
Un mattino quando scese in terrazza, vi trovò la signora Gold che stava ricamando.
Quando le si avvicinò, ebbe l’impressione fugace di un fazzoletto nascosto velocemente.
Gli occhi della signora Gold erano asciutti, ma brillavano in modo sospetto. Anche i suoi modi gli parvero troppo allegri. Quella vivacità era lievemente caricata.
Lei disse: «Buongiorno, monsieur Poirot!» con tale entusiasmo da far nascere subito dei dubbi in lui.
Era chiaro che non poteva essere tanto felice di vederlo come dimostrava di essere perché, in fondo, non lo conosceva molto bene. E, sebbene Hercule Poirot fosse un uomo presuntuoso per quanto riguardava la sua professione, era del tutto modesto nella valutazione delle proprie attrattive personali.
«Buongiorno,madame» disse. «Un’altra bella giornata.»
«Sì, non è una fortuna? Ma Douglas e io siamo sempre fortunati con il tempo.»
«Davvero?»
«Sì. Nel complesso siamo molto felici. Sapete, monsieur Poirot, quando si vedono tanti guai e tanta infelicità, e tante coppie che divorziano e cose del genere, ci si sente molto grati per la felicità che si ha.»
«È bello sentirvelo dire, madame.»
«Sì. Douglas e io siamo meravigliosamente felici insieme. Siamo sposati da cinque anni, sapete e, alla fine, cinque anni al giorno d’oggi sono tanti…»
«Sono certo che in alcuni casi possono sembrare un’eternità, madame!» rispose secco Poirot.
«… ma, secondo me, siamo più felici adesso di quando ci siamo sposati. Vedete, siamo così affiatati…»
«Questo naturalmente è l’essenziale.»
«Per questa ragione mi dispiace tanto per le persone che non sono felici.»
«Volete dire…»
«Oh! Parlavo in generale, monsieur Poirot.»
«Capisco, capisco.»
La signora Gold prese una matassina di filo di seta, la sollevò alla luce, approvò la scelta, quindi proseguì: «Per esempio, la signora Chantry…».
«Sì, la signora Chantry?»
«Non credo che sia una brava persona.»
«No, forse non lo è.»
«In effetti, non penso che sia una brava persona. Ma, in un certo senso, mi dispiace per lei. Perché, nonostante i soldi e il bell’aspetto e tutto il resto…» le dita della signora Gold tremavano e lei non riusciva assolutamente a infilare il filo di seta nell’ago «non è il tipo di donna al quale gli uomini si legano sul serio. È il tipo di donna, a mio parere, di cui gli uomini si stancano facilmente. Non lo pensate anche voi?»
«Io sono sicuro che mi stancherei immediatamente della sua conversazione» disse con cautela Poirot.
«Sì, è questo che intendo dire. Certo, ha un certo fascino…» La signora Gold, le labbra tremanti, infilava l’ago con violenza nella tela. Anche un osservatore meno acuto di Poirot avrebbe notato la sua angoscia. La giovane donna proseguì incoerentemente: «Gli uomini sono proprio dei bambini! Credono a qualunque cosa!».
Si chinò sul lavoro. Il minuscolo quadratino di fazzoletto ricomparve con discrezione.
A questo punto Hercule Poirot ritenne consigliabile cambiare argomento.
Disse: «Non fate il bagno stamattina? Emonsieurvostro marito è già in spiaggia?».
La signora Gold alzò il viso, lo guardò sbattendo le palpebre, riprese i suoi modi vivaci, quasi di sfida, e rispose: «No, stamattina no. Avevamo programmato di visitare le mura della città vecchia. Ma chissà come, non ci siamo visti. E loro sono partiti senza di me».
L’uso del pronome “loro” era rivelatore ma, prima che Poirot potesse dire qualcosa, il generale Barnes arrivò dalla spiaggia sottostante e si lasciò cadere su una sedia accanto ai due.
«Buongiorno, signora Gold. Buongiorno, Poirot. Tutti e due disertate la spiaggia stamattina? Un mucchio di assenti! Voi due e vostro marito, signora Gold, e la signora Chantry.»
«Anche il comandante Chantry?» chiese con indifferenza Poirot.
«Oh, no, lui è in spiaggia. Tra le grinfie della signorina Pamela.» Il generale ridacchiò. «Lo trova un po’ difficile da maneggiare. Uno di quegli uomini forti e silenziosi di cui si legge nei libri.»
Marjorie Gold ebbe un fugace brivido e disse: «Quell’uomo mi spaventa un po’. A volte sembra così… cupo! Come se potesse fare qualunque cosa…».
Rabbrividì ancora una volta.
«È questione di digestione, credo» disse allegro il generale. «La dispepsia è responsabile di molti stati di malinconia romantica o di collere irrefrenabili.»
Marjorie Gold sorrise, un sorrisetto educato.
«E dov’è il vostro bravo maritino?» chiese il generale.
La risposta arrivò senza esitazioni di sorta, con voce piena di spontanea allegria: «Douglas? Oh, lui e la signora Chantry sono andati in città. Credo siano andati a dare un’occhiata alle mura antiche».
«Ah, sì… molto interessante. L’epoca dei cavalieri e tutto il resto… avreste dovuto andarci anche voi, mia piccola signora.»
La signora Gold disse: «Temo di essere scesa un po’ troppo tardi».
Si alzò di scatto, mormorando qualche parola di scuse ed entrò in albergo.
Il generale Barnes la seguì con uno sguardo che esprimeva preoccupazione, scuotendo il capo lievemente.
«Una brava personcina. Vale dozzine di sgualdrine dipinte come certe persone di cui non faremo il nome. Ah! Il marito è uno stupido. Non sa di essere fortunato.»
Scosse di nuovo il capo. Poi, alzandosi, si diresse verso l’albergo.
Sarah Blake era appena arrivata dalla spiaggia e aveva sentito le ultime parole del generale.
Facendo una smorfia in direzione della schiena del guerriero che si allontanava osservò, buttandosi su una sedia: «“Brava personcina”! “Brava personcina”! Gli uomini approvano sempre le donne sciatte… ma quando si deve arrivare al sodo, sono sempre le sgualdrine ben agghindate che vincono con facilità… Triste ma vero!».
«Mademoiselle,» disse Poirot, e la voce era brusca «non mi piace affatto tutto questo.»
«Davvero? Nemmeno a me. No, siamo onesti, suppongo che in realtà mi piaccia. C’è sempre in noi un lato orrido, che gode degli incidenti e delle calamità pubbliche e delle cose sgradevoli che capitano agli amici.»
Poirot chiese: «Dov’è il comandante Chantry?».
«In spiaggia. Pamela lo sta vivisezionando, se preferite. Pam si sta divertendo e, nel frattempo, di certo il suo umore non sta migliorando. Sembrava una nuvola tempestosa quando sono arrivata. Credetemi, ci sono burrasche in vista.»
Poirot mormorò: «C’è qualcosa che non capisco…».
«È abbastanza facile capire» disse Sarah. «Ma la domanda è: “Che cosa succederà?”.»
Poirot scosse la testa e mormorò: «Come dite voi, mademoiselle, è il futuro che suscita inquietudine».
«Un bel modo di affrontare la cosa» rispose Sarah, ed entrò in albergo.
Sulla porta, per poco non andò a sbattere contro Douglas Gold. Il giovanotto stava uscendo con espressione piuttosto compiaciuta ma, al tempo stesso, leggermente colpevole. Disse: «Salve, monsieur Poirot». E aggiunse, imbarazzato: «Ho mostrato alla signora Chantry le mura dei crociati. Marjorie non se l’è sentita di venire».
Poirot inarcò leggermente le sopracciglia ma, anche se lo avesse voluto, non avrebbe avuto il tempo di fare un commento perché Valentine Chantry uscì tutta svolazzante, esclamando con la sua voce acuta: «Douglas, un gin rosa… devo assolutamente bere un gin rosa».
Douglas Gold se ne andò per ordinare la bevanda. Valentine affondò nella sedia accanto a Poirot. Quel mattino aveva un’aria radiosa.
Vide arrivare suo marito e Pamela e, agitando una mano, gridò: «Hai fatto un bel bagno, Tony, tesoro? Non è una mattinata divina?».
Il comandante Chantry non rispose. Salì velocemente gli scalini, le passò davanti senza nemmeno un’occhiata o una parola e sparì nel bar.
Teneva le mani strette a pugno lungo i fianchi, e questo accentuava la vaga somiglianza con un gorilla.
La bocca, perfetta ma piuttosto vacua, di Valentine Chantry si spalancò.
Disse: «Oh!» in tono privo di colore.
Sul viso di Pamela Lyall si leggeva un profondo divertimento per la situazione. Cercando, per quanto possibile, di celare quello che realmente provava, sedette al fianco di Valentine Chantry e chiese: «Voi avete trascorso una bella mattinata?».
Mentre Valentine cominciava a dire: «Semplicemente stupenda… Noi…» Poirot si alzò e, a sua volta, si diresse con andatura pacifica verso il bar. Trovò ilgiovane Gold che aspettava il gin rosa, molto acceso in viso. Sembrava turbato e rabbioso.
Disse a Poirot: «Quell’uomo è un bruto!». E fece un cenno con il capo in direzione del comandante Chantry, che stava uscendo dal locale.
«È possibile» commentò Poirot. «Sì, è possibilissimo. Ma alle femmes, ricordatevelo, i bruti piacciono.»
Douglas borbottò: «Non mi stupirei se la maltrattasse».«Probabilmente le piace anche questo.»
Douglas Gold lo guardò con aria perplessa, prese il gin rosa e uscì con il bicchiere in mano.
Hercule Poirot sedette su uno sgabello e ordinò uno sirop de cassis. Mentre lo sorseggiava emettendo prolungati sospiri soddisfatti, Chantry rientrò e bevve diversi gin rosa in rapida successione.
Disse, con violenza improvvisa, rivolto al mondo in genere più che a Poirot: «Se Valentine crede di potersi liberare di me come si è liberata di quel mucchio di dannati idioti, si sbaglia. È mia e intendo tenermela. Nessun altro se la prenderà, se non passando sul mio cadavere».
Gettò sul banco del denaro, si girò di scatto e uscì.
Tre giorni dopo, Hercule Poirot si fece condurre in automobile sulla Montagna del Profeta. Era una passeggiata fresca e piacevole, attraverso gli abeti dorati, su un sentiero che si snodava sempre più verso l’alto, molto al di sopra delle meschine beghe e controversie degli esseri umani. La macchina si fermò davanti al ristorante. Poirot scese e cominciò a passeggiare nel bosco. A un certo momento sbucò in un punto che sembrava davvero la vetta del mondo. Molto più sotto c’era il mare, di un azzurro profondo e abbagliante.
Lì finalmente Poirot poteva sentirsi in pace, lontano dalle preoccupazioni, al di là della realtà. Posò con cura il soprabito ripiegato sul tronco segato di un albero e si sedette.
“Indubbiamentele bon Dieusa quello che fa! Ma è strano che si sia permesso di modellare certi esseri umani. Eh bien, qui almeno per un po’ sono lontano da questi problemi irritanti.”
Sobbalzò e alzò la testa… Una donnina con una giacca e una gonna marrone stava camminando velocemente verso di lui. Era Marjorie Gold e stavolta aveva abbandonato ogni simulazione. Il suo volto era rigato di lacrime.
Poirot non riuscì a sfuggirle. Marjorie si fermò davanti a lui.
«Monsieur Poirot, dovete aiutarmi! Sono tanto infelice, non so che cosa fare! Oh, che cosa devo fare? Che cosa devo fare?»
Lo guardava con il viso stravolto. Le sue dita si strinsero sulla manica della sua giacca. Poi, scorgendo qualcosa sul suo volto, qualcosa che la allarmò, si ritrasse.
«Che cosa… che cosa c’è?» balbettò.
«Volete il mio consiglio, madame? È questo che chiedete?»
Lei balbettò: «Sì… sì…».
«Eh bien, eccolo.» Parlava brusco, in tono secco. «Lasciate subito questo luogo… prima che sia troppo tardi.»
«Come?» Lo fissava.
«Mi avete sentito. Lasciate l’isola.»
«Lasciare l’isola?»
Lo fissava sbalordita.
«È quello che ho detto.»
«Ma perché… perché?»
«È il consiglio che vi do… se tenete alla vostra vita.»
Lei ebbe un sussulto.
«Oh! Che intendete dire? Mi spaventate… mi spaventate.»
«Sì,» rispose con gravità Poirot «è proprio questa la mia intenzione.» Lei si lasciò cadere a terra, il viso tra le mani.
«Ma non posso. Lui non verrebbe! Douglas non verrebbe, voglio dire. Lei non glielo permetterebbe. Si è impadronita di lui… anima e corpo. Douglas non vuole sentire nulla contro di lei… È pazzo di lei… Crede a qualsiasi cosa lei gli dica… che il marito la violenta… che lei è una povera innocente maltrattata… che nessuno l’ha mai capita. E Douglas non pensa nemmeno più a me… non conto più… non sono più reale per lui. Vuole che gli restituisca la sua libertà… che divorziamo. È persuaso che anche lei divorzierà per sposarlo. Ma io ho paura… Chantry non rinuncerà a lei. Non è quel tipo d’uomo. Ieri sera lei ha mostrato a Douglas i lividi sul braccio… dicendo che glieli aveva fatti il marito. Douglas è andato su tutte le furie. Lui ha un animo cavalleresco… Oh, ho paura! Come finirà? Ditemi cosa devo fare!»
Hercule Poirot rimase a fissare il mare, seguendo con lo sguardo la linea azzurra delle colline sulla terraferma. Disse: «Ve l’ho detto. Lasciate l’isola prima che sia troppo tardi».
Lei scosse il capo.
«Non posso, non posso… a meno che Douglas…»
Poirot sospirò e scrollò le spalle.
Hercule Poirot sedeva sulla spiaggia con Pamela Lyall.
La ragazza disse, con un certo entusiasmo: «Il triangolo sta andando forte! Ieri sera i due sedevano accanto a lei, uno per parte, e si guardavano in cagnesco. Chantry aveva bevuto troppo. Stava decisamente insultando Douglas Gold. Gold si è comportato molto bene. Non ha perso il controllo di sé. Quella Valentine se la godeva un mondo, naturalmente. Faceva le fusa, proprio da quella tigre divoratrice di uomini che è. Secondo voi, che cosa succederà?».
Poirot scosse il capo.
«Ho paura. Molta paura…»
«Oh, tutti l’abbiamo» disse Pamela Lyall ipocritamente. E aggiunse: «Questa storia è abbastanza attinente al vostro mestiere. O potrebbe diventarlo. Non potete fare nulla?».
«Ho fatto quello che potevo.»
La signorina Lyall si chinò in avanti avidamente.
«Che cosa avete fatto?» chiese eccitata.
«Ho consigliato alla signora Gold di lasciare l’isola prima che fosse troppo tardi.»
«Oh…! Dunque pensate…» si interruppe.
«Sì, mademoiselle.»
«Dunque pensate che succederà questo!» disse Pamela lentamente. «Ma lui non potrebbe… non farebbe mai una cosa del genere… È davvero tanto caro. È tutta colpa della Chantry. Lui non farebbe… non lo farebbe.»
Si fermò, quindi disse a bassa voce: «Un delitto? È questa… questa veramente la parola che avete in mente?».
«È senz’altro nella mente di qualcuno, mademoiselle. Questo ve lo posso assicurare.»
Pamela fu scossa da un brivido improvviso.
«Non ci credo» dichiarò.
La sequenza degli eventi la sera del 29 ottobre fu perfettamente chiara.
Per cominciare, vi fu una scenata tra i due uomini, Gold e Chantry.
La voce di Chantry si levava sempre più forte e le ultime parole furono udite da quattro persone: il cassiere, il direttore, il generale Barnes e Pamela Lyall.
«Maledetto porco! Se tu e mia moglie credete di farmi una cosa simile, vi sbagliate! Fintanto che sarò vivo, Valentine resterà mia moglie!»
Poi era uscito tempestivamente dall’albergo, il viso livido per la rabbia.
Questo accadeva prima di cena. Dopo cena vi fu una riconciliazione (nessuno seppe com’era stata raggiunta). Valentine chiese a Marjorie Gold di accompagnarla a fare una passeggiata in macchina, al chiaro di luna.
Andarono anche Pamela e Sarah.
Gold e Chantry giocarono insieme a biliardo. Dopo, trovarono Hercule Poirot e il generale Barnes nel salone.
Per la prima volta, Chantry aveva un volto sorridente ed era di buonumore.
«È stata una bella partita?» chiese il generale.
Il comandante disse: «Quest’uomo è troppo in gamba per me! Mi ha dato uno scarto di quarantasei punti!».
Douglas Gold si schernì con modestia. «Pura fortuna, vi assicuro. Che cosa prendete? Vado a cercare un cameriere.»
«Per me un gin rosa, grazie.»
«D’accordo. Generale?»
«Prenderò un whisky e soda, grazie.»
«Lo stesso per me. E voi, monsieur Poirot?»
«Siete molto gentile. Desidererei uno sirop de cassis.»
«Sirop… Scusate?»
«Sirop de cassis.»
«Oh, un liquore! Spero che ce l’abbiano, qui. Non l’ho mai sentito nominare.»
«Ce l’hanno, sì. Ma non è un liquore.»
Douglas Gold disse, ridendo: «Mi sembra un gusto un po’ strano… ma ogni individuo ha il diritto di scegliere il suo veleno preferito! Vado a ordinare».
Il comandante Chantry sedette. Pur non essendo per natura un tipo loquace o mondano, faceva chiaramente del suo meglio per apparire gioviale.
«Strano come ci si abitua a stare senza notizie» osservò.
Il generale borbottò.
«Non posso dire che il “Continental Daily Mail” vecchio di quattro giorni mi serva a qualcosa. Certo, mi mandano il “Times” e il “Punch” ogni settimana, ma ci impiegano un mucchio di tempo per arrivare.»
«Mi chiedo se avremo le elezioni generali per la faccenda della Palestina.»
«L’intera faccenda è stata condotta malissimo» dichiarò il generale, proprio mentre ricompariva Douglas Gold, seguito da un cameriere con le bevande.
Il generale aveva appena cominciato a raccontare un aneddoto della sua carriera militare in India nel 1905.
I due inglesi ascoltavano molto educatamente, anche se non con eccessivo interesse. Hercule Poirot sorseggiava il suo sirop de cassis.
Il generale concluse il suo racconto e tutti fecero la loro doverosa risata.
Poi le donne apparvero sulla porta dell’atrio. Sembravano tutte e quattro di ottimo umore, chiacchieravano e ridevano.
«Tony, caro, è stato davvero divino!» esclamò Valentine, lasciandosi cadere su una sedia accanto a lui. «Un’idea davvero meravigliosa della signora Gold. Saresti dovuto venire!»
Il marito disse: «Vuoi bere qualcosa?» poi guardò le altre con occhi interrogativi.
«Un gin rosa per me, tesoro» disse Valentine.
«Gin e sciroppo allo zenzero per me» disse Pamela.
«Un sidecar» disse Sarah.
«Bene.» Chantry si alzò. Spinse il proprio bicchiere di gin rosa, che non aveva ancora toccato, verso la moglie dicendo: «Tu prendi questo. Io ne ordino un altro per me. E voi, signora Gold?».
La signora Gold si stava togliendo il soprabito, aiutata dal marito. Si voltò sorridendo: «Posso avere un’aranciata, per favore?».
«Benissimo. Aranciata.»
Si diresse verso la porta. La signora Gold sorrise, alzando il volto verso quello del marito.
«È stato delizioso. Mi dispiace che tu non sia venuto.»
«Anche a me spiace. Ma ci andremo un’altra sera, d’accordo?»
Si sorrisero.
Valentine Chantry prese il bicchiere di gin rosa e lo tracannò.
«Oh! Sì, ne sentivo davvero il bisogno!» disse con un sospiro.
Douglas Gold prese il soprabito di sua moglie e lo posò su un divano.
Mentre tornava con passo lento verso gli altri, esclamò bruscamente: «Ehi, che succede?».
Valentine Chantry si era appoggiata allo schienale della sedia. Aveva le labbra bluastre e si era posata la mano sul cuore.
«Mi sento… un po’ strana…»
Ansimava, nel tentativo di respirare.
Chantry tornò nella stanza. Affrettò il passo.
«Ehi, Val… che cosa c’è?»
«Non… non lo so… Quel gin… aveva un sapore strano…»
«Il gin rosa?»
Chantry si girò, il volto agitato. Afferrò Douglas Gold per le spalle.
«Quello era il mio bicchiere… Gold! Cosa diavolo ci avete messo dentro?»
Douglas Gold fissava il viso convulso della donna sulla sedia. Era diventato pallidissimo.
«Io… io… non ho mai…»
Valentine Chantry scivolò dalla sedia.
Il generale Barnes gridò: «Un medico… presto…».
Cinque minuti dopo, Valentine Chantry moriva…
Il mattino seguente nessuno fece il bagno.
Pamela Lyall, pallida e vestita con un semplice abito scuro, si aggrappò a Poirot nell’atrio e lo trascinò nel salottino dove i clienti dell’albergo scrivevano la loro corrispondenza.
«È orribile, orribile! L’avevate detto! Previsto! Omicidio!»
Lui chinò il capo gravemente.
«Oh!» esclamò la giovane, battendo un piede a terra. «Avreste dovuto impedirlo! In qualche modo! Si poteva impedire!»
«Come?» chiese Poirot.
Quella domanda le tolse la parola per un attimo.
«Non poteva andare qualcuno… alla polizia?»
«E dire che cosa? Che cosa c’è da dire… prima dell’evento? Che qualcuno ha in mente un delitto? Sentite, mon enfant, se un essere umano è deciso a uccidere un altro essere umano…»
«Potevate avvertire la vittima» insistette Pamela.
«A volte» rispose Hercule Poirot «gli avvertimenti sono inutili.»
Pamela disse lentamente: «Potevate avvertire l’assassino… mostrargli che sapevate che cosa aveva in mente…».
Poirot annuì, con espressione piena di comprensione.
«Sì… forse sarebbe stato meglio farlo. Ma anche così bisogna tener conto del peccato più radicato nel criminale.»
«Qual è?»
«La presunzione! Un criminale non pensa mai che il suo crimine possa fallire.»
«Ma è assurdo… stupido!» esclamò Pamela. «Il modo in cui è stato commesso il delitto è infantile! Infatti la polizia ha arrestato subito Douglas Gold, ieri sera.»
«Sì» soggiunse Poirot, pensosamente. «Douglas Gold è un giovanotto molto stupido.»
«Incredibilmente stupido! Ho sentito che hanno trovato il resto del veleno… Che cos’era?»
«Strofantina. Un veleno per il cuore.»
«E hanno trovato la bustina con il veleno nella tasca della sua giacca da sera.»
«È proprio così.»
«Incredibilmente stupido» ripeté Pamela. «Forse intendeva liberarsene… e lo shock di aver avvelenato la persona sbagliata lo ha paralizzato. Che scena sarebbe stata su un palcoscenico! L’amante mette della strofantina nel bicchiere del marito e poi, proprio mentre la sua attenzione è sviata per un momento, lo beve la moglie… Pensate al momento orribile che deve aver passato Douglas Gold quando si è voltato e si è reso conto di aver ucciso la donna che amava.»
Rabbrividì leggermente.
«Il vostro triangolo. L’Eterno Triangolo! Chi avrebbe mai pensato che sarebbe finita così?»
Pamela si voltò verso di lui.
«L’avevate avvertita… la signora Gold. E allora perché non avete avvertito anche lui?»
«Volete dire perché non ho avvertito Douglas Gold?»
«No. Voglio dire che avreste dovuto avvisare il comandante Chantry. Avreste potuto dirgli che era in pericolo! In fin dei conti, il vero ostacolo era lui. Sono sicurissima che Douglas Gold contava di poter costringere la propria moglie a concedergli il divorzio… È una donna docile e gli vuole molto bene. Ma Chantry è una sorta di diavolo testardo. Era deciso a non dare la libertà a Valentine.»
Poirot scrollò le spalle.
«Non sarebbe servito parlare con Chantry» disse.
«Forse no» ammise Pamela. «Probabilmente avrebbe detto che era in grado di badare a se stesso e vi avrebbe mandato al diavolo. Ma io penso che si sarebbe potuto fare qualcosa.»
«Ho pensato» disse lentamente Poirot «di cercare di convincere Valentine Chantry a lasciare l’isola, ma lei non avrebbe creduto a quello che io dovevo dirle. Era una donna troppo stupida per capire una cosa simile. Pauvre femme, l’ha uccisa la sua stupidità.»
«Non credo che sarebbe servito a qualcosa se lei avesse lasciato l’isola» disse Pamela. «Lui si sarebbe semplicemente limitato a seguirla.»
«Lui chi?»
«Douglas Gold.»
«Voi pensate che Douglas Gold l’avrebbe seguita? Oh, no, mademoiselle, vi sbagliate! Vi sbagliate di grosso. Non avete ancora capito qual è la verità in questa storia. Se Valentine Chantry avesse lasciato l’isola, suo marito sarebbe andato con lei.»
Pamela parve perplessa.
«Be’, naturalmente.»
«E allora, capite, il delitto semplicemente avrebbe avuto luogo altrove.»
«Non vi capisco.»
«Vi sto dicendo che lo stesso delitto sarebbe avvenuto da qualche altra parte… dato che si tratta dell’omicidio di Valentine Chantry per mano di suo marito.»
Pamela lo fissò.
«State cercando di dire che è stato il comandante Chantry, Tony Chantry, a uccidere Valentine?»
«Sì. Avete visto quando l’ha fatto. Douglas Gold gli ha portato il bicchiere. Lui sedeva davanti a Gold con il suo bicchiere in mano. Quando le donne sono arrivate, abbiamo tutti guardato verso la porta, e lui aveva la strofantina già preparata, l’ha fatta finire nel gin rosa e subito, con cortesia, ha passato il bicchiere a sua moglie, che ha bevuto tutto il contenuto.»
«Ma la bustina di strofantina è stata trovata nella tasca di Douglas Gold!»
«Una cosa facilissima da fare mentre eravamo tutti raggruppati attorno alla donna morente.»
Ci vollero due minuti buoni perché Pamela riprendesse fiato.
«Ma non capisco una parola… Il triangolo… l’avete detto voi stesso.»
Hercule Poirot annuì, con un cenno vigoroso del capo.
«Ho detto che c’era un triangolo, certo. Ma voi, voi avete immaginato quello sbagliato. Siete rimasta ingannata da una messinscena molto abile. Avete pensato, come volevano farci pensare, che tanto Tony Chantry quanto Douglas Gold fossero innamorati della stessa donna, di Valentine Chantry. Avete creduto, come volevano che credeste, che Douglas Gold, essendo innamorato di Valentine Chantry, il cui marito si rifiutava di divorziare, avesse preso la disperata decisione di somministrare un potente veleno a Chantry e che, per un fatale errore, quel veleno lo avesse invece bevuto Valentine Chantry. È tutta un’illusione. Chantry aveva intenzione di eliminare sua moglie già da tempo. Era tediato a morte da lei. L’ho visto sin dal primo momento. L’aveva sposata per il denaro. E adesso vuole sposare un’altra donna… e così ha ideato il piano di liberarsi di Valentine e di tenersi il suo denaro. Questo presupponeva il delitto.»
«Un’altra donna?»
«Sì, sì… la piccola Marjorie Gold. Era proprio l’eterno triangolo. Ma voi lo avete visto nel modo sbagliato. A nessuno dei due uomini importava minimamente di Valentine Chantry. Sono state la vanità della poveretta e l’abilissima messinscena di Marjorie Gold a farvi pensare che fosse così. Una donna molto astuta, la signora Gold; e sorprendentemente attraente, con quei suoi modi da madonna pudica e quell’atteggiamento da santarellina. Ho conosciuto altre quattro criminali di questo tipo. Una certa signora Adams, che è stata assolta dall’accusa di aver ucciso il marito, anche se tutti sanno che è stata lei. Mary Parker ha fatto fuori una zia, un tesoro di donna, e due fratelli, prima di diventare meno accorta ed essere scoperta. Poi c’era la signora Rowden, che è stata subito impiccata. La signora Lecray è sfuggita per la cruna dell’ago. La signora Gold è esattamente come loro. L’ho riconosciuta appena l’ho vista. Tipi del genere sono attratti dal delitto come un anatroccolo è attratto dall’acqua! Ed è stato un lavoretto progettato niente male! Ditemi, quali prove avete mai avuto che Douglas Gold fosse innamorato di Valentine Chantry? Se ci pensate bene, vedrete che ci sono state unicamente le confidenze fatte dalla signora Gold e gli scoppi di gelosia di Chantry. Sì? Vedete?»
«È orribile!» gridò Pamela.
«Era una coppia astuta» disse Poirot, con distacco professionale. «Hanno preparato il piano di “incontrarsi” qui e di mettere in scena il loro delitto. Quella Marjorie Gold è un demonio, un essere insensibile. Avrebbe mandato quel suo povero marito innocente alla ghigliottina senza il minimo rimorso.»
Pamela esclamò: «Ma la polizia lo ha arrestato e portato via ieri sera!».
«Ah!» rispose Hercule Poirot «Ma dopo io ho scambiato qualche parola con la polizia. È vero che non ho visto Chantry mettere la strofantina nel bicchiere. Io, come tutti gli altri del resto, ho alzato il capo per guardare le signore quando stavano arrivando. Tuttavia, nel momento in cui mi sono reso conto che Valentine Chantry era stata avvelenata, ho tenuto d’occhio il marito senza mai distogliere lo sguardo da lui. E quindi, capite, l’ho visto proprio far scivolare nella tasca di Douglas Gold la busta di strofantina.» Sul suo viso c’era un’espressione severa quando aggiunse: «Io sono un testimone attendibile. Il mio nome è conosciuto. Quando la polizia ha sentito la mia storia si è resa conto che questo gettava una luce completamente diversa sulla faccenda».
«E allora?» chiese Pamela, affascinata.
«Eh bien, il comandante Chantry è stato interrogato a lungo. Ha cercato di reagire violentemente, ma non è molto intelligente, e di lì a poco è crollato.»
«Quindi Douglas Gold è stato rimesso in libertà?»
«Sì.»
«E… Marjorie Gold?»
Il volto di Poirot divenne grave.
«L’avevo avvertita» disse. «Sì… l’avevo avvertita… Sulla vetta della Montagna del Profeta… Era l’unica possibilità di evitare il delitto. Le ho quasi detto in faccia che sospettavo di lei. E lei ha capito. Ma si credeva troppo furba… Le avevo detto di lasciare l’isola, se teneva alla propria vita. Lei ha scelto… di rimanere…»