L’America secondo Trump: tra trionfi, ombre e polemiche
TRUMP: IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO
Il Simplicissimus
Trump: il leader controverso che ha segnato un’epoca. Successi, errori e scandali di un uomo che ha diviso l’America e il mondo.
Trump ha mantenuto la promessa: nelle prime 24 ore ha emesso una tempesta di provvedimenti, tra cui i più importanti per noi sono l’uscita dall’Oms, la messa in mora delle politiche woke e Net Zero, l’argine posto all’immigrazione selvaggia e ultimo, ma non ultimo, il blocco degli aiuti militari all’Ucraina per 90 giorni. In generale si può dire, come ha fatto un noto analista americano, che le prime cento azioni di Trump possono essere definite con il titolo di quel celebre film di Sergio Leone, Il buono, il brutto e il cattivo: dentro gli oltre 100 ordini esecutivi c’è di tutto, ma nel complesso si può dire che sono una bella bordata di colpi contro il Forum di Davos che si è aperto proprio il giorno dell’insediamento di The Donald e che notoriamente è l’assertore delle politiche belliche, climatiche, sanitarie o pseudo tali e in generale degli ideologismi che hanno dominato questi ultimi cinque anni.
Tuttavia, a noi interessa principalmente la guerra anche perché essa si lega strettamente a Net Zero e al declino industriale e sociale europeo a causa delle sanzioni che hanno interrotto il cordone ombelicale con le risorse energetiche russe su cui si era basato lo sviluppo del continente. Su questo l’incertezza della nuova amministrazione è ancora grande. È vero, sono stati sospesi tutti i funzionari del Pentagono responsabili del settore ucraino e dell’uso dei soldi pubblici per mandare armi a Zelensky, mentre sono state sospese tutte le spedizioni verso l’Ucraina e si tratta di migliaia di tonnellate di materiale bellico. Trump ha persino detto che i negoziati dipendono interamente dal fatto che Putin sia interessato o meno, mostrando un certo senso di realismo. Ma l’impressione è che abbia ancora un’idea molto vaga del conflitto e lo ha dimostrato quando ha citato il presunto milione di perdite russe che secondo lui costringeranno Putin al tavolo della pace. Si tratta di una cifra completamente campata in aria e tratta interamente dalle balle che Kiev sforna quotidianamente. Inoltre, il neo presidente ritiene che l’economia russa sia in rovina e ha accennato a possibili nuove sanzioni qualora Mosca non voglia sedersi al tavole delle trattative che Washington pensa di poter orchestrare.
Qui proprio non ci siamo e si può solo sperare che The Donald si sia fatto prendere la mano dalla consueta spavalderia o sia ancora alla ricerca di un sistema per scaricare Zelensky e nel frattempo si dedichi a qualche esercizio retorico. In realtà l’economia russa sta benissimo, anzi meglio di quanto non lo sia mai stata dalla fine dell’unione sovietica: come mostra il grafico qui sotto le entrate del bilancio russo sono salite a un livello record a dicembre, nonostante le nuove sanzioni “più forti”, con un aumento del 28% nel 2024 rispetto all’anno precedente. Come si può vedere dall’infografica di Bloomberg tutto questo non è solamente legato alle vendite di risorse energetiche, ma a una vera esplosione produttiva.
A ciò si aggiunge che la capacità dell’industria bellica russa è superiore a quella complessiva della Nato, addirittura schiacciante in alcuni campi decisivi, come quello dei proiettili di artiglieria o delle bombe plananti, per non parlare delle armi ipersoniche che l’Occidente nemmeno possiede. Come se questo non bastasse Zelensky si è dato la zappa sui piedi a Davos dove ha incontrato i suoi sponsor: si è vantato di avere 800 mila uomini contro i 600 mila dei russi, ma poi ha sostenuto che le forze di Mosca sono oggi 4,5 volte superiori a quelle inizialmente impiegate nell’operazione speciale, circa 130 mila uomini (in realtà 80 mila più le formazioni delle repubbliche secessioniste) anziché i 400 mila soldati evocati dalla bugiarda narrazione occidentale. Tutto questo in sostanza vuol dire che se l’esercito ucraino non è stato in grado di fermare i russi avendo questa superiorità numerica, tanto meno potrà farlo ora. Insomma, una dichiarazione di sconfitta fatta al cospetto di un auditorium che si aspettava i Sieg Heil di vittoria.
Non è finita: poche ore dopo la cerimonia di insediamento di Trump, Vladimir Putin e Xi Jinping hanno tenuto una videoconferenza in cui è stata ribadita la disponibilità russa a negoziare con gli Stati Uniti sulla soluzione ucraina. Ma averlo fatto insieme testimonia del fatto che sarà molto difficile per Washington spezzare l’alleanza strategica fra questi due Paesi che ormai non si lasciano più intimidire. Insomma, l’impressione è che Trump non si sia reso conto dei cambiamenti che sono avvenuti nel mondo e che debba ancora metabolizzare la sostanziale sconfitta nel tentativo di dare l’assalto alla Russia.
