Trump torna alla Casa Bianca
UN BAGNO DI REALTÀ
di Andrea Marcigliano
Trump torna alla Casa Bianca. E ci torna trionfalmente. Da attendere, naturalmente, per verificare se davvero rappresenterà una svolta, radicale e profonda, nella politica americana. Anche se, a vedere i primi segnali, si potrebbe dare già una risposta affermativa. La sola scelta del suo vice, un importante esponente di certa industria statunitense, fa propendere per questa ipotesi.
Tuttavia, in quattro anni, di acqua sotto i ponti ne è scorsa parecchia. E il Mondo non è già più quello che Trump aveva dovuto abbandonare, dopo una, discutibile e sicuramente incerta, sconfitta con Biden.
Anzi, proprio le politiche imposte dall’Amministrazione democratica uscente, hanno profondamente modificato la scena politica.
In sostanza, il Mondo oggi è tutt’altro da quello che Trump dovette, forzatamente, lasciare alla fine del primo mandato.
Certo, il Tycoon ed il suo staff cercheranno, questa volta, di procedere con maggiore determinazione. Ed alcuni segnali già si possono leggere nelle prime dichiarazioni di Trump e, soprattutto, degli uomini che costituiranno la nuova ossatura della Casa Bianca
Tuttavia, alcune cose vanno tenute ben presenti.
In primo luogo, la Russia. Quattro anni fa, Putin era ancora disposto a dare credito alle assicurazioni che gli giungevano da Washington. Ad avere una certa fiducia che, con Trump, gli sarebbe stato possibile giungere ad una soluzione positiva della crisi del Donbass.
Oggi non ho l’impressione che sia più così.
Lo Zar ha visto e sperimentato come vi siano potenti élite americane che puntano, decisamente, a fare fuori la Russia. Ad estrometterla da ogni decisione, a smembrarla e, se possibile, annientarla.
Non Trump, certo. Ma Putin ha sperimentato come il potere dell’amico americano sia limitato. Soprattutto nel tempo. E questo, naturalmente, non lo rende fiducioso.
Poi, vi è il fatto che in questo quadriennio la Russia ha mutato direzione politica. Avvicinandosi sempre più alla Cina. E trovando nuovi mercati assetati del suo gas e del suo petrolio.
Di qui la presa di coscienza che, ormai, il vecchio Occidente, Europa e USA, non potrà più essere un partner privilegiato. Anzi, sempre più rapidamente sostituito dai BRICS. Ovvero da una visione, politica oltre che economica, che trascende, va molto oltre i limiti di un’Europa sempre più asfittica e sempre meno interessante.
La nuova Russia, infatti, guarda sempre più all’Asia, all’Africa, in parte all’America Latina. E tiene in sempre minor conto un’Europa, imbelle e paradossalmente guerrafondaia, in irreversibile crisi economica. E ostile.
Gli stessi States, per quanto ben diversamente valutati, le interessano molto meno. Sempre meno. Il mercato cinese, quello indiano, quello indonesiano sono ben più ricchi di promesse.
E Putin, pur essendo per estrazione e formazione un occidentalista, se ne è, ormai, reso perfettamente conto.
Certo, il ritorno di Trump alla Casa Bianca apre le porte ad una nuova stagione di relazioni bilaterali tra Washington e Mosca.
E tuttavia questi saranno pur sempre rapporti non facili da gestire e calibrare. Perché, ormai, il Cremlino ha chiaramente compreso che il Mondo, quello che conta davvero, è decisamente molto più ampio di come sono usi concepirlo gli americani.
Ed è lì, che si gioca ormai la vera partita.
Con buona pace delle fantasie, malate, di troppi europei.