Tra vanità imperiale e realtà che crolla, il volto smarrito dell’America di giugno.
UNA CERTA IDEA DELL’AMERICA E LA MALEDIZIONE DI GIUGNO
Il Simplicissimus
Tra illusione strategica e declino tecnico, l’America mostra il volto di un impero in crisi che si aggrappa alla narrazione della propria grandezza mentre frana sotto il peso delle proprie contraddizioni. Il teatrino di bombardamenti simbolici e tregue calcolate in Medio Oriente, l’inquietante discorso di vittoria di Trump, il fallimento militare e tecnologico di operazioni come il raid sull’Iran e l’ennesimo disastro della Starship rivelano non solo un vuoto operativo, ma anche una realtà politica sempre più scollegata dal mondo concreto. Un’America intrappolata nella messa in scena di sé stessa, proprio come Tocqueville l’aveva intuita quasi due secoli fa: vanitosa, fragile e irrimediabilmente dipendente dall’approvazione altrui. (Fonte Redazionale)
Forse qualcuno comincia a comprendere il teatrino che si è svolto in questa settimana, con tanto di falso bombardamento e successiva tregua, assolutamente necessaria perché Israele stava esaurendo le difese. Un ennesimo gioco di prestigio occidentale per evitare una sconfitta manifesta del regime sionista, ma anche un’allarmante dimostrazione della realtà parallela nella quale viviamo. Il discorso della vittoria fatto da Trump è stato assolutamente inquietante non solo per la vanagloria delirante e bugiarda di cui era intessuto, ma anche per il contesto in cui si è inserito non soltanto nella debacle etica di Gaza, ma anche nella perdita di terreno sul piano materiale: il fallimento sostanziale della superbomba da 13 tonnellate usata nel raid contro l’Iran che ha prodotto danni assai meno rilevanti rispetto a quelli promessi e l’ennesima esplosione della Starship con cui gli Usa vorrebbero riconquistare lo spazio, ancorché attraverso la società privata SpaceX di Elon Musk. Dopo 9 fallimenti consecutivi diventa chiaro che mancano le competenze di base per questa impresa e che l’intero sistema comincia a collassare. Tutto, insomma, si svolge su un piano di irrealtà, di illusioni e illusionismi.
Ma forse questo è un destino americano. Già quasi due secoli fa Alexis de Tocqueville, cui in parte si deve il mito della democrazia statunitense, scrisse un intero capitolo nel suo “La democrazia in America” sul perché la vanità nazionale degli americani fosse più irrilevante e allo stesso tempo più cattiva di quella degli inglesi:

“Solo per amor di storia del pensiero, Alexis de Tocqueville, pensava che le “rivoluzioni” potessero scoppiare non quando le cose andavano male, ma quando cominciavano ad andare drasticamente peggio in poco tempo. Non importava il livello delle condizioni originarie, era il brusco scalino il problema.”
“Gli americani, nei loro rapporti con gli stranieri, sembrano insofferenti della minima censura e insaziabili di lodi. L’elogio più striminzito è loro gradito; quello più elevato raramente li appaga; vi assillano incessantemente per estorcervi lodi e se resistete alle loro suppliche, si limitano a lodare se stessi. Sembrerebbe che, dubitando del proprio merito, desiderino averlo costantemente esibito davanti ai loro occhi. La loro vanità non è solo avida, ma irrequieta e gelosa; non concede nulla, mentre esige tutto, è pronta a mendicare e a litigare allo stesso tempo.
Se dico a un americano che il paese in cui vive è un bel paese, “Sì”, risponde, “non c’è nessuno come esso al mondo”. Se elogio la libertà di cui godono i suoi abitanti, risponde: “La libertà è una bella cosa, ma poche nazioni sono degne di goderne”. Se osservo la purezza morale che distingue gli Stati Uniti, “Posso immaginare”, dice, “che uno straniero, colpito dalla corruzione di tutte le altre nazioni, rimanga stupito dalla differenza”. Alla fine lo lascio alla contemplazione di se stesso; ma torna sull’argomento e non desiste finché non mi fa ripetere tutto ciò che avevo appena detto. È impossibile concepire un patriottismo più problematico o più loquace; stanca persino coloro che sono disposti a rispettarlo”.
Certo ora libertà e purezza sono molto relative, mentre la corruzione è diventata regola generale, ma secondo alcuni, Michael Brenner in particolare, questa forma di narcisismo insicuro e la mitologia che ha creato, sono stati un fattore di sviluppo nel passato, però oggi è diventato un pericoloso allucinogeno che intrappola gli americani in una distorsione temporale sempre più lontana dalla realtà. Non è questione di Trump che è solo più disinibito degli altri perché più insicuro, ma di un’intera società e di élite desiderose di adulazione e di auto gratificazione, Ora che il più alto, il più profondo, il più lungo, il più veloce e il più potente sono altrove, debbono inventarsi un mondo immaginario. Lo hanno già fatto nel secolo scorso, anche in maniera clamorosa, ma avendo una maggiore consapevolezza dei limiti.
Adesso invece tutto è possibile con il trascinamento nel dramma degli spezzoni dell’impero. Forse non è un caso, ma uno scherzo del destino, che proprio ieri la Nato abbia approvato l’aumento delle spese militari al 5% per compiacere il presidente americano è in funzione antirussa: si tratta del 213º anniversario dell’invasione della Russia dalla parte della Grande Armée di Napoleone composta da contingenti militari di tutte le nazioni europee, per non dire che il giorno prima, il 22 giugno del 1941, la Germania nazista invase l’Unione Sovietica. Naturalmente chi ha convocato il vertice dell’Alleanza e chi vi ha partecipato erano ignari di queste coincidenze e di questa maledizione di giugno. Ma appunto è ormai il non sapere che tiene dritti i fantocci e gonfia le illusioni come manicotti nel vento.


