”La modernità democratica è materialista
UNA SOCIETÀ EMBLEMATICA
La modernità democratica e materialista limita la valutazione di un fatto, di un comportamento, della stessa quotidianità, secondo i parametri del funzionalismo o, per essere più chiari e comprensibili, secondo la logica dell’utilità e dell’esteriorità. È il tempo della sensibilità patetica, della melassa sentimentalista, della pelosità smorfiosa.
Tutti i criteri interpretativi basati sulla distanza emotiva e sulla lucidità razionale passano per cinismo e indifferenza.
È così che subentra a pieno titolo l’etica elastica della doppia morale, quella che portò Lucio Colletti, già partigiano e aderente al Partito Comunista, criticando la condanna a Priebke e l’unilaterale isteria antinazista, a scrivere su “Il Corriere della Sera” nell’agosto del 1996: “Sono nauseato da questo spettacolo immondo per cui oggi viene venduta la questione etica agli angoli delle strade come le piadine in Romagna”.
Questa lapidaria considerazione di Colletti si adatta perfettamente a questa società, che il grande professore Giulio Maria Chiodi, maestro di simbolica politica e amico, definisce in uno dei suoi saggi come “allegorica”. Essa si manifesta quando, perduti i riferimenti simbolici di elevazione, e sostituiti da segni di semplice funzione informativa, si perde ogni dimensione trascendente dell’esistenza; quando si sono “logorate le certezze, derivanti da una fede religiosa, da costumi radicati, da ideali e valori comunemente condivisi, così come da ideologie capaci di aggregare su convincimenti sufficientemente operativi”, e tutto si riduce a superficialità e insignificanza. Le parole vengono svuotate di valore e “ovunque compaiono maschere del nulla e dell’arbitrio”.
Si comprende, così, il viscido buonismo di una Ferragni che ha usufruito della dabbenaggine della massa speculando sul cancro dei bambini, con l’immagine magari supportata in precedenza dalla certificazione di un selfie con il presidente della Repubblica.
Come si capisce la deriva sovversiva e scismatica di un papa che beatifica un pregiudicato trafficante di uomini e benedice urbi et orbi le organizzazioni criminali che pianificano l’invasione allogena, incurante delle conseguenze sulla sua chiesa e sullo Stato italiano.
Nessuna meraviglia neppure che il simbolo della giustizia sia stato – e non da ora – degradato a puro segno di codici elasticamente interpretati, con un assassinio premeditato risolto con 14 anni, l’uccisione d’impeto di due rapinatori con 14, l’entrata forzata nella sede dell’inutile CGIL con 8.
La parziale rassegna di fatuità etiche potrebbe continuare, ma è sufficiente riassumere questa realtà allegorica con la celeberrima frase di Pirandello: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. E la farsa societaria festeggia a pieno titolo la sua insussistenza.