E se ci fermassimo a contemplare ciò che temiamo di più?

UNO SGUARDO ALL’ABISSO

di Andrea Marcigliano


Mi verrebbe da dire “Uno sguardo dal ponte”. Ma, ad essere sincero, sarebbe meglio “Uno sguardo verso l’abisso”.

Uno sguardo spassionato, però. Freddo, se possibile…per certi versi “cinico”. Ovvero, distaccato da passioni, tifo e quant’altro.

Dunque, vediamo. Francia. Si è aperta la crisi di governo. E Barnier è stato costretto alle dimissioni. Dopo solo tre mesi.

La ragione primaria, o ufficiale, una finanziaria che garbava poco o nulla a forze che sostenevano il suo, da sempre periclitante, governo. E la Le Pen ha staccato la spina. Dopo un sostegno sin dall’inizio incerto e ben poco convinto.

Marine si è decisa anche perché incombe sul suo capo una condanna che la escluderebbe dalle prossime elezioni. Giocoforza, quindi, fare cadere questo “governicchio”, e mettere in difficoltà Macron.

Macron che promette una rapida, ventiquattr’ore, soluzione della crisi di governo. Ma non ha i numeri. E questo conta.

Per lui il fantasma delle dimissioni, e di nuove elezioni presidenziali anticipate, si fa sempre più concreto. E minaccioso.

Andiamo, poi, dall’altra parte del mondo. Corea del Sud. Yoon Suk-yeol, ben poco amato Presidente in carica, tenta un colpo di mano. Accusa le opposizioni di essere “comunisti”. Sospende la Costituzione e proclama la legge marziale.

Sembra che il suggerimento gli sia venuto dal suo ministro della Difesa. Che è come dire da alcuni ambienti americani. Che vogliono assicurarsi la fedeltà della Corea del Sud e la sua disponibilità a mettersi, pesantemente, in gioco. Visto che i cugini nord-coreani si sono schierati con Mosca nel conflitto ucraino.

La presa di pieni poteri di Yoon, però, finisce nel nulla. Non solo le opposizioni, ma lo stesso partito di governo lo scaricano brutalmente. E il paese reale scende in piazza, chiedendo la revoca del provvedimento. E le dimissioni del Presidente.

Due storie che ci potrebbero apparire molto lontane. E che, invece, rappresentano molto bene la situazione globale che stiamo vivendo.

Una situazione, come già ho avuto occasione di scrivere, di conflitto mondiale. Dove, però, le variabili sono innumerevoli, e gli scenari mutano di continuo intorno ai tre, principali, poli di attrazione. Ovvero Washington, Pechino e Mosca.

Proviamo a colmare, quasi per gioco, la distanza fra Francia e Corea. E vedremo che non vi è una sola regione di questo Mondo che non sia travagliata da guerre e attraversata da tensioni.

 

Al centro, in questo momento, il conflitto in Ucraina. E la guerra, o se vogliamo le guerre, gestite da Israele a Gaza, in Libano, e quella, accesa da anglo-americani e turchi, contro Assad in Siria.

Ma solo per questo momento, visto che i focolai di tensione, i conflitti latenti o già esplosi, sono decisamente molti di più. E molto più diffusi in tutto l’Orbe Terracqueo.

E possono, certo, venire letti in molti modi. Ad esempio, quello oggi prevalente è di vederli come occasionali, o per lo meno come slegati fra loro.

E, in effetti, delle ragioni a giustificazione di tale scelta vi sarebbero. Ad esempio, cosa può c’entrarci la crisi del governo francese, dovuta a fattori, apparentemente, solo interni, con quella della Corea del Sud?

A tutta prima, verrebbe da dire niente.

Però, se ci fermiamo un attimo a riflettere, la prospettiva cambia. Decisamente.

E ci possiamo accorgere di come, ad esempio, la Francia sia preda di un, profondo, malessere dovuto in primo luogo alla sua scelta di schierarsi contro Mosca. E di farsi, in modo alquanto supponente ed arrogante, alfiere di una ostilità delle, cosiddette, élite europee che lavorano per un conflitto con la Russia. Senza averne, però, la forza militare, e non solo militare, sufficiente.

Anzi, essendo di fatto completamente dipendenti da Washington. Dove, per altro, alligna ancora un governo, quello di Biden, che spinge alla guerra. Ma che è, come ben noto, a scadenza sempre più ravvicinata.

E la proiezione bellicista di Macron, si dimostra sempre più vana. Incapace di tenere gli ultimi residui del vecchio impero africano – ormai totalmente, o quasi, affrancatisi, anche con l’appoggio di Russia e Cina – il suo governo si trova a dover affrontare un crescente malessere interno. Del quale le dimissioni di Barnier sono solo una cartina di tornasole. E l’impossibilità di avere e controllare una autentica maggioranza sta a dimostrare come la crisi internazionale stia portando rapidamente al fallimento il sistema francese.

Quanto alla Corea del Sud, l’evidenza è ancora più facile da cogliere. Alcune conventicole di potere, intorno ad un Presidente travolto da scandali e messo in discussione, tentano un colpo di mano. Guarda caso, perfettamente consonante con i voleri dei, soliti, ambienti finanziari internazionali schierati nell’ombra dell’Amministrazione Biden. Operazione apparentemente facile sulla carta, e che avrebbe dovuto portare all’apertura di un nuovo fronte con l’altra Corea. Quella del Nord, schierata con Putin e alleata della Russia

Tuttavia l’operazione fallisce. Semplicemente perché la maggioranza dei sud coreani, e gli stessi partiti di governo, non sembrano disposti a morire – perché di questo, poi, si tratta – per Yoon e per chi lo manovra come burattino.

Due soli esempi, forse marginali, che ci permettono però di comprendere bene una cosa.

Ovvero che quella che si sta dipanando sotto i nostri occhi altri non è che un’unica, grandissima, guerra.

Un conflitto mondiale, dove, però, assistiamo ad un complesso gioco di specchi. E nel quale le forze in campo non sono facilmente definibili tracciando una qualche linea del fronte.

Se vogliamo, un complicatissimo gioco di ombre cinesi, che mutano di continuo. Ingannandoci e, talvolta, illudendoci.

Velando, sempre, l’orlo dell’abisso sul quale stiamo, incoscienti, danzando.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

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