”Probabilmente a Washington…
USA E ISRAELE IN TRAPPOLA
Probabilmente a Washington, nelle meningi degli responsabili che purtroppo sono responsabili della politica americana, si va facendo strada ‘idea di aver commesso un altro epocale errore: l’attacco allo Yemen si è risolto in un nulla di fatto per la difficoltà di colpire e postazioni degli Huthi e per giunta adesso si trovano con una flotta che ha bisogno di essere rifornita di missili ma che se volesse raggiungere le lontane basi di rifornimento dovrebbe passare per le forche caudine di Bāb el-Mandeb sotto tiro diretto degli Huthi che a quanto pare hanno già danneggiato una nave a stelle e strisce. Il fallimento dell’operazione è stata sugellata dall’uscita della massima società cine di trasporti cinese oltre che di quasi tutte le altre dalle rotte che passano attorno allo Yemen.
Diciamolo è stata un’operazione militare pazzesca, pensata da stupidi all’ultimo stadio, visto che le controindicazioni era stata sviscerate già prima da un nugolo di analisti militari: era folle fare agire una flotta lontana dai suoi punti di rifornimento, cercando di colpire obiettivi nascosti e mobili che sono notoriamente – sin dalla prima guerra del Golfo – difficilissimi da individuare e per giunta in un mare sorvegliato da un nemico temprato da otto anni di guerra nei quali ha spesso ridicolizzato i sistemi di difesa aerea degli americani. Era ed è fin troppo chiaro che una soluzione non potrebbe venire che da un’azione sul terreno, con truppe di terra, ma gli Usa non osano a causa delle alte perdite che si possono aspettare e da un coinvolgimento diretto in una guerra che si va allargando. Che questa disgraziata avventura militare si stia arenando in un mare di merda è però tutto sommato secondario perché il fatto importante è che gli Usa cominciano a perdere sempre più pezzi di quel puzzle del caos che hanno messo insieme in tre quarti di secolo nel Medio Oriente: riguardo all’operazione di terra che sarebbe necessaria per domare gli Huthi sono state fatte molte promesse all’Arabia Saudita perché surrogasse le truppe statunitensi, ma Riad ha risposto picche lasciando nella cacca il Pentagono e la Casa Bianca. Non solo ha rifiutato di raccogliere truppe, ma anche negato agli Usa di creare delle basi.
Ancora più significativo a questo punto è che ci sono state tre grandi nazioni europee che hanno declinato l’invito a partecipare ai bombardamenti sullo Yemen. Si tratta di Italia, Francia e Spagna, cioè proprio i componenti di quell’Europa mediterranea che è la naturale linea di frattura continentale oltre a quella slava ad est. Poiché l’intervento britannico segue le consuete linee di solidarietà guerrafondaia e criminale anglosassone, vediamo che la Germania assieme ai suoi vicini Danimarca e Olanda (l’Austria è ancora formalmente neutrale) comincia ad essere piuttosto isolata. Certo sono solo lievi sintomi, quasi impercettibili ma a che ha una qualche sensibilità storica annunciano un possibile futuro prossimo. Per ora queste linee di frattura sono diverse per quanto riguarda l’Ucraina dove l’Italia si dà da fare per rifornire di un po’ di armi di serie b gli sconfitti, avendo come compagno di sventura la Germania e i Paesi scandinavi.
Parallelamente anche Israele forse comincia a pensare che il tentativo di pulizia etnica nella Striscia di Gaza non sia stata proprio una buona idea: militarmente non so ancora riusciti ad avere ragione della resistenza di Hamas mentre il conflitto tende ad allagarsi proprio nel momento in cui la superiorità tecnologica di Israele va liquefacendosi: e la difficoltà di attaccare il sud del Libano il disastro economico dovuto all’azione degli Huthi, persino la distruzione della sede del Mossad per mano di una salva missilistica dall’Iran, fanno comprendere che il governo sionista ha sbagliato strada in maniera pressoché irrecuperabile. Il fatto che esso sia sotto accusa dalla Corte internazionale dell’Aia, cambia completamente la narrazione di Israele come Paese assediato, nato dall’Olocausto e dunque autorizzato a qualsiasi forma di arroganza e meritevole di comprensione qualsiasi cosa facesse o qualsiasi trattato violasse. Certo le pressioni enormi sulla Corte potranno anche intimorire i giudici, ma se anche essi decidessero che non si tratta di genocidio, tutto il mondo rimane attonito di fronte agli orrori a cui assiste. Insomma, il sionismo sta distruggendo le fondamenta stesse su cui si reggeva lo stato di Israele, che così ha attraversato il Rubicone della sua stessa esistenza. Il problema è che ai massacri di Gasa si è moralmente associato l’occidente che ha fornito supporto politico a Netanyahu e supporto militare al governo. Così assieme a Israele anche noi andiamo incontro a una narrazione di morte.