Passaporto vaccinale o documento d’identità del villaggio globale? Una visione della realtà deformata che ci obbliga a non poter uscire sopravvivendo tra la paura di morire e l’alienazione virtuale imposta dai “padroni del vapore” 

VERSO IL PASSAPORTO VACCINALE?

Passaporto vaccinale o documento d’identità del villaggio globale?

Alla metà del Novecento, il filosofo Eric Voegelin pubblicò i primi tre volumi di Order and History [1]. Il quarto, uscì dopo quasi vent’anni completando l’opus magnum dell’Autore sulle forme fondamentali dell’organizzazione politica.

I decenni che ci distanziano dalla pubblicazione dell’impianto storico-filosofico voegeliniano non debbono trarre in inganno: quelle pagine sono pronte a sostenere la lettura di ciò che accade intorno a noi. Oggi più di ieri.

Partiamo dunque dal titolo dell’ultimo volume: The Ecumenic Age [2]: scelta non casuale visto che il tipo di società analizzata da Voegelin era l’impero ecumenico che «si espande da un’unità culturale ed etnica relativamente piccola a un centro di potere mirante a controllare il mondo conosciuto» [3], l’ecumène, appunto.

L’analisi muoveva dalle civiltà imperiali dell’antico Medio Oriente e a quelli che segnarono il passaggio dall’ordine persiano a quello romano: l’apertura di una vastità “ecumenica” che, a differenza di quanto si potesse pensare, aprì ad un’epoca di profonde turbolenze spirituali e crisi di identità.

Come sempre accade quando le identità specifiche vengono diluite in un contenitore ecumenico globale, infatti, il risultato è la frammentazione dell’esperienza umana dell’ordine e della storia. Un esempio su tutti, quello che Polibio rappresenta nella scena di Scipione: «mentre il grande condottiero contempla le rovine di Cartagine non è pervaso dall’orgoglio della vittoria. Al contrario, inizia a piangere. Perché? Perché lo stesso destino di Cartagine attende Roma» [4].

Giambattista Tiepolo, Scipione l’Africano libera Massiva (Walters Art Museum, Baltimora) dopo la vittoriosa battaglia di Baecula. (wikipedia p.d.)

Lo stesso sarebbe dovuto accadere molti secoli dopo davanti altre macerie: quelle del muro di Berlino nel 1989. Non fu così: per giorni i berlinesi suonarono i clacson delle auto, ballarono in camicia da notte per strada, baciarono e abbracciarono i vicini sconosciuti, si arrampicarono sugli alberi, affollarono senza biglietto le metropolitane e i supermercati alla ricerca di Marlboro e banane [5].[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’10e614′ ccolor=’0a0909′]l’economia, fattasi ideologia, ha svuotato gli Stati dei poteri decisionali e anche i concetti stessi di élite e popolo sono stati rimodellati [/stextbox]Di fatto l’uomo occidentale era già mutato antropologicamente: piuttosto che rendersi conto ‒ come Scipione ‒ di quanto stesse per accadere, si lanciò nelle braccia del consumismo come testimoniarono le file di russi nel gennaio 1990 all’apertura del primo ‘Mac Donald’ di Mosca [6].

Il 31 gennaio 1990 è stato aperto a Mosca il primo McDonald’s sovietico

Il mondo uscito dalla Guerra Fredda si era iniziato a muovere verso una società globale integrata ‒ già decisa dagli epigoni degli ottocenteschi ‘padroni del vapore’ ‒ creando le premesse per accettare un cambiamento epocale e profondo da un lato e radicale e immediato dall’altro: una trasformazione sociale che avrebbe provocato effetti politici. Fino ad allora, era accaduto esattamente l’opposto.

L’economia neoliberista e le politiche pro-mercato hanno trionfato così a livello globale, le ideologie hanno perso progressivamente importanza rispetto alle esigenze del mondialismo e la rivoluzione digitale del web ha cambiato per sempre il mondo dell’informazione e la sua incidenza sui processi decisionali, politici e ‒ come sostenne Fukuyama [7] ‒ storici. Tanto da aver non solo “accelerato la storia”, ma iniziato a influenzarla: l’economia, fattasi ideologia, ha svuotato gli Stati dei poteri decisionali e anche i concetti stessi di élite e popolo sono stati rimodellati.

Disuguaglianze, in 26 posseggono le ricchezze di 3,8 miliardi di persone

Oggi, infatti, questo rapporto va rivisto: 26 persone detengono le ricchezze di 3,8 miliardi di persone [8] e ciò impone un ripensamento delle pur acute teorie di Pasquale Turiello[9] e Gaetano Mosca. All’epoca i due studiosi evidenziarono quanto le élite locali fossero al centro di una rete di rapporti familiari, personali e professionali [10] che le rendeva autoreferenziali. E titolari, de facto, di un potere politico-elettorale dal quale traevano una completa autonomia «dalle forme moderne dell’associazionismo politico, anzitutto dai partiti»[11]. Paiono ormai obsolete anche l’ideologica e livorosa ‒ come al solito ‒ definizione di Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani di “razza padrona”[12] e la fortunata operazione editoriale di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella che parlarono di “casta[13]: entrambe analisi contingenti che misero a fuoco solo la punta dell’iceberg tralasciando, però, ciò che stava sotto, nel “deep”.

Si trattava, infatti, di teorie che continuavano a dare per scontata la centralità della politica considerandone i palazzi ancora come epicentro del potere che muove le sorti del mondo. Ma lo scenario era già ben diverso e peggiore: altro che «trionfo della classe politica»[14]: ieri come oggi, i partiti non esistono più, sono da anni defunti come lo Stato-Nazione ‒ di cui erano espressione ‒ sacrificato com’è stato sull’altare della globalizzazione[15]. Men che meno esiste la politica, schiacciata da un’economia fattasi ideologia.[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’10e614′ ccolor=’0a0909′]L’economia è stata sostituita dal sanitarismo del mondo post pandemico [/stextbox]

Globalizzazione mondiale

E così, 26 persone, più che un’élite suggeriscono l’immagine di un circolo iniziatico da cui si originano i meccanismi decisionali che gerarchicamente vengono imposti a miliardi di persone alle quali progressivamente hanno privato di tutto: della libertà di movimento, della libera iniziativa imprenditoriale ‒ si pensi alla grande distribuzione che da decenni cannibalizza quella medio-piccola ‒, di lavorare ‒ con le politiche di chiusura preventiva nonché i lockdown programmati e attuati per fasce orarie, come se il Covid-19 preferisse diffondersi dalle 22 alle 5 e durante i giorni festivi  ‒, del futuro ‒ come nel 2011 denunciarono gli indignados nelle piazze spagnole protestando contro la «minoranza che, sfruttando le proprie condizioni di privilegio, governa contro gli interessi della maggioranza» [16], e, infine, non da ultimo, dell’idea di rivoluzione poiché essa necessita di nostalgia e utopia[17], entrambe sostituite dalla paura e dalla distopia[18].

Distopia

L’economia, quindi, ha rappresentato il binario sul quale tali decisioni hanno viaggiato negli ultimi trent’anni ma, ormai, è stata sostituita dal sanitarismo del mondo post pandemico. È questo il «fatto oligarchico»[19] ‒ per dirla con Raymond Aron ‒ che stiamo vivendo e che si è palesato con l’abbrivio della pandemia: i padroni del vapore del Terzo millennio decidono i destini del mondo comodamente seduti nei vagoni di un treno che viaggia sui nuovi binari della paura imposta a miliardi di persone simultaneamente in tutto il «villaggio globale»[20]. Un treno le cui fermate sono rappresentate dal Covid-19, dalle sue mutazioni, dalle infinite ondate, dai necessari vaccini prodotti, sotto sotto, dai soliti noti.

Dieci ragioni per ritenere il passaporto sanitario una pessima idea

Un mondo, quello del villaggio globale, che ha sostituito da anni lo Stato-Nazione svuotandone i centri di potere locali ‒ Presidenze della Repubblica, Parlamenti, etc. ‒ e che, in quanto Stato ecumenico globale, dopo aver abilmente censito i suoi ignari abitanti volontariamente schedatisi nei social media[21] ‒ veri e propri strumenti «di sorveglianza e controllo in senso totalitario e totalizzante dell’attuale società capitalistica»[22] ‒ ha pronta anche la sostituzione dei documenti, come conferma l’imminente lancio del passaporto sanitario.

Una novità rilevante, annunciata da Bruxelles nelle scorse settimane e che giova ricordare si tratterà «di una proposta legislativa, (dunque vincolante) in deroga alla libertà di circolazione prevista dai Trattati istitutivi»[23]. Il tutto in barba, nel caso italiano, all’art. 32 della Costituzione che ‒ come rilevato dal Garante Privacy[24] ‒ prevede trattamenti sanitario obbligatori imponibili solo dal Legislatore e non da istituzioni esterne e sovranazionali le quali, con disinvoltura, stanno trasformando «la vaccinazione in un trattamento sanitario obbligatorio non previsto dalla legge»[25].

RIOT

Sarà quindi, un vero e proprio “lasciapassare” che, al posto del tradizionale passaporto rilasciato dagli Stati nazionali, rappresenterà il documento ufficiale del villaggio globale nel quale non conterà tanto sapere chi si è e cosa si pensa ‒ tutte informazioni già da anni raccolte dalla Rapid Information Overlay Technology[26] ‒ ma se si è in possesso dell’unico requisito necessario al sistema: risultare vaccinati ‒ più che sani ‒ ligi al nuovo ordine mondiale, poter comprovare ‒ de facto ‒ la propria volontaria sottomissione alle regole imposte dal «governo dei ricchi»[27] comprovando così il proprio status di «schiavitù mentale» del quale parlò in tempi non sospetti Noam Chomsky[28].

E così l’ecumene viene svuotata del senso che ebbe per gli antichi greci ‒ il mondo allora conosciuto, dal greco οἰκέω = abitare ‒ ossia la casa dove tutti vivono. L’espansione ecumenica piuttosto che rappresentare un’occasione di apertura della conoscenza umana ‒ declinata in senso neoliberista globale prima e geopandemico poi ‒ è stata tradotta in una visione della realtà contratta, deformata, arida che obbliga l’uomo a non poter nemmeno uscire da quella casa sopravvivendo, come può, tra la paura di morire e l’alienazione virtuale imposta dai “padroni del vapore 2.0”.

Una rappresentazione quattrocentesca a stampa della descrizione dell’Ecumene fatta da Tolomeo (incisione di Johannes Schnitzer del 1482) [Wikipedia p.d.]

Un circolo vizioso, quindi, che impone assolutamente di uscire dall’ecumene arida di questi mesi e riprendere la rotta per Bisanzio.

Roberto Bonuglia

 

 

 

[btn btnlink=”http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/le-grandi-menzogne-editoriali/10069-passaporto-del-villaggio-globale” btnsize=”small” bgcolor=”#eded00″ txtcolor=”#000000″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]Fonte: Accademia Nuova Italia del 19 Aprile 2021[/btn]

Note:

  • [1] E. Voegelin, Order and History, vol. I-III, Baton Rouge, Louisiana State University Press, 1956-57.
  • [2] E. Voegelin, The Ecumenic Age, Baton Rouge, Louisiana State University Press, 1974.
  • [3] S.A. McKnight, Il contributo di Eric Voegelin alla filosofia della storia, in AA.VV., La scienza dell’ordine. Saggi su Eric Voegelin, a cura di G.F. Lami e G. Franchi, Roma, Antonio Pellicani Editore, 1997, p. 95.
  • [4] Ivi, p. 101.
  • [5] J. Moran, November in Berlin: The End of the Everyday, in «History Workshop Journal», vol. 57, n. 1, del 2004, p. 217.
  • [6] J. Davis, History didn’t end with the fall of the Berlin Wall – but only now is the new battleground clear, in «The Conversation», del 7 novembre 2019.
  • [7] F. Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Milano, UTET, 1992.
  • [8] A. Mincuzzi, Disuguaglianze, in 26 posseggono le ricchezze di 3,8 miliardi di persone, in «IlSole24Ore», del 21 gennaio 2019.
  • [9] P. Turiello, Governo e governati in Italia, Bologna, Zanichelli, 1889.
  • [10] G. Aliberti, Società politica e ruoli di potere delle élites locali italiani tra l’Otto e il Novecento, in AA.VV., Vecchie e nuove Elites, Roma, Bulzoni, 2000, pp. 95-107.
  • [11] G. Mosca, Sulla teorica del governo e sul governo parlamentare: studi storici e realtà, Torino, Loescher, 1884.
  • [12] E. Scalfari, G. Turani, Razza padrona. Storia della borghesia di stato, Milano, Feltrinelli, 1974.
  • [13] S. Rizzo, G.A. Stella, La casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili, Milano, Rizzoli, 2007.
  • [14] P. Oborne, The Triumph of the Political Class, Londra, Simon & Schuster, 2007.
  • [15] R. Bonuglia, Chi ha perso, davvero, la seconda guerra mondiale?, in «Quaderni Culturali delle Venezie» dell’Accademia Adriatica di Filosofia “Nuova Italia”, del 22 aprile 2020.
  • [16] La frase è del leader degli indignados Pablo Iglesias Turrión, pronunciata nel corso di un’intervista rilasciata a Ana Pastor nella trasmissione televisiva El Objetivo andata in onda il 1° giugno 2014.
  • [17] M. Cacciari, P. Prodi, Occidente senza utopie, Bologna, Il Mulino, 2016.
  • [18] R. Bonuglia, Dall’utopia alla distopia: l’ultimo furto della globalizzazione, in «Il Pensiero Forte», del 23 dicembre 2020 e in «ItaNews24» del 25 dicembre 2020.
  • [19] R. Aron, Les désillusions du progrès. Essais sur la dialectique de la modernité, Parigi, Presses Pocket, 1987.
  • [20] M. McLuhan, The Gutenberg Galaxy: The Making of Typographic Man, Routledge & Kegan Paul, Londra, 1962.
  • [21] G. Bottà, USA, social network e schedatura alle frontiere, in «Punto Informatico», del 23 dicembre 2016.
  • [22] Cfr. l’intervista a G. Sorci, I social network. Nuovi sistemi di sorveglianza e controllo sociale, in «Girodivite», del 22 maggio 2015.
  • [23] S. Occhipinti, Covid-19: è in arrivo il Passaporto vaccinale europeo?, in «Altalex», del 26 marzo 2021.
  • [24] Cfr., il comunicato stampa ufficiale del Garante Privacy, Covid: Garante privacy, no a “pass vaccinali” per accedere a locali o fruire di servizi senza una legge nazionale, del 1° marzo 2021, in https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9550331.
  • [25] S. Occhipinti, Covid-19: è in arrivo il Passaporto vaccinale europeo?, cit. e M. Bombelli, Passaporto vaccinale: il no (senza legge nazionale) del Garante, in «Altalex», del 4 marzo 2021.
  • [26] R. Gallagher, Software that tracks people on social media created by defence firm, in «The Guardian», del 10 febbraio 2013.
  • [27] Platone, La Repubblica, vol. II, Milano, Bur, 1996, p. 289 [550d].
  • [28] Ci si riferisce alla lezione tenuta il 20 gennaio 2012 a Cambridge, Massachusetts, ora in N. Chomsky, Sistemi di potere. Conversazioni sulle nuove sfide globali, Gravellona Toce, Ponte alle Grazie, 2013, pp. 95-115.

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